Il 2011 sarà, con tutta probabilità, l’anno nero del trasporto ferroviario in Italia. Verranno tagliati 154 treni a lunga percorrenza (su 600), mentre, per quanto riguarda il servizio ferroviario pendolare, mancano 800 milioni di Euro rispetto al 2010, ossia il 45 % delle risorse necessarie per garantire un servizio, già in molti casi carente. La conseguenza inevitabile sarà un drastico taglio dei treni in circolazione.
Pendolaria 2010, il dossier di Legambiente che da 5 anni fotografa puntualmente la situazione del trasporto ferroviario regionale e metropolitano in Italia, lancia un forte grido d’allarme per quella che nel 2011 diverrà una vera emergenza: sono moltissimi infatti, i treni e le tratte a rischio soppressione a fronte di forti aumenti dei prezzi per un servizio destinato a peggiorare nonostante la domanda in crescita in tutta la penisola.
I vertici delle Ferrovie dello Stato hanno pochi giorni fa annunciato che verranno tagliati 154 treni a lunga percorrenza (su 600), perché in perdita, a partire dall’anno prossimo. Mentre per quanto riguarda il servizio ferroviario pendolare mancano 800 milioni di Euro rispetto al 2010, ossia il 45% delle risorse necessarie per garantire il servizio, già spesso carente. La conseguenza inevitabile sarà un drastico taglio dei treni in circolazione per i cittadini che ogni giorno scelgono il mezzo di trasporto più sostenibile per recarsi a lavoro, a scuola, all’università. Ma i tagli previsti al servizio pendolare dipendono forse da un calo della domanda? Nulla di più lontano dalla realtà: tra il 2008 e il 2010 il numero di persone che ogni giorno prendono il treno per ragioni di lavoro e di studio è aumentato dell’11,5%, sono 300mila in più, secondo l’aggiornata fotografia del Rapporto Pendolaria 2010 di Legambiente. Complessivamente sono 2milioni e 700 mila le persone che tutte le mattine prendono i treni pendolari in un servizio operato da 22 gestori (in primis Trenitalia). E molti di più sono quelli che complessivamente si muovono verso le grandi e piccole città, 14 milioni complessivamente secondo il Censis, e che in larga parte utilizzano l’auto. Ed è importante sottolineare come il 70% di coloro che utilizzano l’auto si dichiarano disponibili a cambiare e a prendere il treno qualora il servizio fosse competitivo. L’errore, e l’incredibile irresponsabilità delle scelte operate dal Governo, sta sopratutto nell’aver tagliato le risorse e contemporaneamente aver soppresso la norma contenuta nella Finanziaria 2008, che consentiva alle Regioni a partire dal 2011 di trattenere una quota dell’accisa sul gasolio per il servizio ferroviario locale. Ed invece così le ha lasciate da sole a gestire una autentica emergenza.
Il ministero delle Infrastrutture è riuscito infatti ad ottenere ingenti finanziamenti per strade e autostrade tra Legge Obiettivo e Expo di Milano, nonostante il trasporto su gomma sia responsabile di oltre il 20% delle emissioni di CO2 prodotte nel nostro Paese, con una tendenza in costante crescita. Per quanto riguarda strade e autostrade, attraverso la Legge Obiettivo, sono stati finanziati complessivamente interventi dal 2002 ad oggi per oltre 35 miliardi di Euro. I Governi che si sono succeduti in questi anni hanno premiato per il 70% gli investimenti in strade e autostrade, a scapito delle reti metropolitane (16% del totale), e soprattutto delle linee ferroviarie, con il solo 13,7% degli investimenti totali. L’Italia è l’unico Paese in Europa che finanzia strade e autostrade con risorse pubbliche che sono doppie rispetto a quelle per previste per le ferrovie nazionali e regionali. Ed è questa la ragione per cui il servizio ferroviario pendolare in Italia ha standard così distanti dal resto dei Paesi europei. Analizzando le risorse da reperire (quindi ancora indisponibili), il discorso non cambia: manca il 61% dei fondi per le ferrovie a fronte del 30% che mancano per le strade.
Ma anche le Regioni (cui la Riforma Bassanini ha trasferito i poteri in materia di servizio ferroviario locale) continuano a privilegiare la strada a danno della ferrovia, sia in termini di spesa per le infrastrutture che per le risorse assegnate al servizio ferroviario pendolare.
“Secondo la fotografia scattata dal dossier Pendolaria 2010, Trenitalia in Puglia riceveva 60 mln di euro dallo Stato nel 2010, mentre nel 2011 si prospetta una riduzione del 43,8% per un totale di 33,7 mln da investire nel trasporto ferroviario. -dichiara Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia- Di fronte a una situazione di questo tipo le Regioni sono chiamate a una prova di maturità e responsabilità. La Puglia sta dimostrando comportamenti virtuosi, infatti, per quanto riguarda la spesa regionale per le infrastrutture, dal 2003 al 2010 sono stati erogati dalla Regione 13,63 mln di euro per le strade e 20 mln per le ferrovie. ”
La Puglia vanta 1.522 km di estensione della rete ferroviaria, con 104.100 pendolari quotidiani e 65.100 abbonati tra i vari gestori Trenitalia, Ferrovie del Sud Est, Ferrovie del Gargano, Ferrovie Appulo Lucane e Ferrotramviaria. Per quanto riguarda gli investimenti per il materiale rotabile, considerando sia gli stanziamenti provenienti dal bilancio delle Regioni che quelli che derivano dai Fondi europei FAS nel periodo 2001-2010, la Puglia è tra i primi posti con circa 220 mln di Euro spesi per l’acquisto di nuovi treni per i vari gestori presenti nella regione e con un notevole investimento effettuato nell’ultimo anno.
Tra le Regioni a Statuto ordinario quella ad aver stanziato più risorse per il solo anno 2010 è la Campania con lo 0,64% del proprio bilancio, grazie soprattutto ad uno stanziamento pari a 77 milioni di Euro per acquistare nuovi treni e per il restyling di quelli esistenti. Un risultato in crescita è quello della Puglia che con 60 milioni di Euro per il finanziamento di nuovi treni per le Ferrovie del Sud Est (FSE) e Ferrovie Appulo Lucane (FAL) porta la propria spesa sul bilancio allo 0,61% dl bilancio. Due Regioni meridionali, ma le uniche con politiche di tipo europeo.
Quali sono i problemi che i pendolari incontrano ogni mattina? Il primo riguarda le grandi aree urbane, dove si concentra larga parte della domanda pendolare: Milano e Roma in primo luogo, Torino, Genova, Bologna, il quadrilatero Veneto (Treviso, Padova, Vicenza, Mestre), Firenze, Napoli, e con minore intensità Bari, Reggio Calabria e Palermo. Ed è una domanda per spostamenti di breve distanza (24 km è lo spostamento medio) e concentrati in alcune ore della giornata (dalle 6:00 alle 9:00 e dalle 17:00 alle 19:00).
Il secondo è un problema antico almeno quanto i 150 anni dall’Unità d’Italia, ossia il ritardo del Mezzogiorno, dove i tempi di percorrenza, l’età e qualità dei treni in circolazione, il degrado delle stazioni sono tali da rendere proibitivo fare il pendolare senza disporre di un automobile.
Il terzo sono i collegamenti “secondari”, quelli garantiti da Intercity, Espressi, Diretti che avrebbero bisogno di treni nuovi e più veloci, a orari cadenzati. Dal monitoraggio effettuato dai volontari di Legambiente su alcune linee ferroviarie pugliesi, emerge un quadro spiacevole. Il tratto Foggia-Trani-Bari soffre di croniche insufficienze di posti a sedere, con il 40% dei viaggiatori che rimane in piedi nella fascia oraria 8 – 8:30,mentre, un altro problema lamentato da molti pendolari è l’improvvisa ed immotivata soppressione di alcuni convogli.
Scendendo nel dettaglio dei nodi urbani, nel nodo di Bari sono in corso diversi interventi di potenziamento delle linee e interramento dei binari, di soppressione dei passaggi a livello che potrebbero migliorare sensibilmente la situazione. Al momento chi utilizza il treno quotidianamente sconta l’assenza di linee ferroviarie dedicate al trasporto pendolare, con treni lenti e spesso vecchi. In particolare il riassetto del nodo ferroviario di Bari prevede come interventi fondamentali l’interramento dei binari tra Palese e Santo Spirito, il potenziamento della tratta Bari Centrale-Bari S.Giorgio ed il raddoppio dei binari tra Bari S.Andrea e Bitetto. Un positivo aggiornamento è quello della realizzazione della variante passeggeri tra le stazioni di Bari S.Andrea e Bari Centrale. Il progetto nel suo complesso prevede la messa in opera di un servizio metropolitano su ferro che include il collegamento del capoluogo con l’aeroporto ed in generale con le località dell’hinterland barese; purtroppo il panorama ferroviario barese vede coinvolti quattro diversi gestori (Trenitalia, Ferrovie del Sud-Est, Ferrotramviaria e Ferrovie Appulo-Lucane) ed il servizio non può definirsi propriamente suburbano in quanto le linee non sono integrate tra loro, non è attivo l’orario cadenzato e le corse non sono ancora frequenti. Il progetto sarà effettivamente utile ed in linea con altri sistemi di ferrovie suburbane solo quando sarà attuata l’integrazione tariffaria, il raddoppio di tutte le linee a singolo binario, l’elettrificazione delle stesse e l’incremento del numero di fermate.
Una “grande opera” da realizzare è il prolungamento dell’Alta Velocità tra Napoli e Bari. Due tra le principali città del Sud, infatti, non hanno un treno diretto che le unisce. “Legambiente considera il rafforzamento dei collegamenti ferroviari tra le due principali città del Mezzogiorno ossia Bari e Napoli una priorità nazionale. –continua Tarantini- Nel 2007 ci siamo fatti promotori di un Comitato Si TAV Bari-Napoli con l’obiettivo di alleare interessi territoriali, economici e ambientali per realizzare un’opera che migliorerà la qualità dello sviluppo, restituirà dignità agli spostamenti in ferrovia e valorizzerà il sistema delle città e dei porti del mediterraneo come grande patrimonio culturale, sociale e ambientale”. Oltre al cambio obbligato a Caserta, i tempi di percorrenza minimi su una linea “storica” risultano essere elevatissimi: almeno 4 ore, ma si arriva a collegamenti anche di 5 ore e 20 minuti. Una delle cause dell’arretratezza di questa linea, fondamentale per il trasporto di persone e merci (tra due porti e interporti di grande importanza), è la presenza di un solo binario ad eccezione dei tratti Vitulano-Benevento-Apice e Cervaro-Foggia. Una linea finalmente potenziata permetterebbe di mettere in connessione la Puglia con la direttrice dell’Alta Velocità verso Nord, oltre che l’incremento dei collegamenti ferroviari interni alle due Regioni con benefici sensibili sui tempi di percorrenza anche dei pendolari. Tra Taranto e Roma fino a poco tempo fa esistevano Eurostar diretti che impiegavano 4 ore, oggi è obbligatorio un cambio a Napoli, Bari o Salerno con un totale di 6 ore di tragitto.
Nella nostra regione, esistono diversi buoni esempi di recupero e valorizzazione del patrimonio ferroviario esistente. Dal mese di dicembre dello scorso anno è stato avviato il servizio ferroviario del Consorzio Acquario, costituito da Trenitalia e Ferrotramviaria. I collegamenti effettuati riguardano le linee Bari-Lecce e Andria-Bari, tratte molto frequentate dai pendolari pugliesi, sui quali vengono utilizzati nuovissimi treni FLIRT con una capienza di 216 posti a sedere e livelli di comfort elevati. Oltre alla modernità dei convogli un grande vantaggio per i viaggiatori è quello della possibilità di utilizzare i biglietti e gli abbonamenti in vigore sugli altri treni della linea. Sulla Bari-Lecce i vantaggi sono relativi anche al tempo di percorrenza, di circa 1 ora e 30 minuti, agli orari che sposano le esigenze dei pendolari ed alle importanti fermate intermedie quali Monopoli, Fasano, Ostuni e Brindisi. Tutto questo ha già mostrato i primi importanti risultati vantando 30.000 viaggiatori al mese di media sulle due direttrici.
Un esempio di recupero di vecchie infrastrutture ferroviarie non più utilizzate è da segnalare nella tratta ferroviaria di 19 km Foggia-Lucera che nel luglio 2009, dopo 42 anni, è stata riattivata e oggi viene gestita dalle Ferrovie del Gargano. Il materiale rotabile utilizzato è di ultima generazione, con una capacità di 300 passeggeri, e collega in circa 15 minuti i due Comuni interessati con 56 corse giornaliere. Gli aspetti positivi riguardano anche il sistema di tariffazione che permette l’utilizzo di un unico biglietto sia per il treno sia per gli autobus provenienti dai Comuni limitrofi e l’orario cadenzato, un treno ogni 30 minuti, e di facile memorizzazione.
Anche la possibilità di trasportare le biciclette sui treni consente a molti cittadini di muoversi con più libertà e integrare il mezzo di trasporto pubblico con uno privato e “ecologico”, rendendo possibile forme di pendolarismo ancor più efficaci e fornendo una valida alternativa a tutti quegli spostamenti di breve durata che costituiscono una grossa parte degli spostamenti nei centri urbani. Un esempio positivo è quello del trasporto gratuito della bicicletta sui treni regionali nella Regione Puglia. Partito nel 2007, la sua importanza è resa ancor più valida dall’adesione di tutte le ferrovie regionali: Trenitalia, Ferrovie del Gargano, Ferrovie Sud Est, Ferrovie Appulo Lucane e Ferrotramviaria. L’abolizione del “supplemento bici” (di 3,50 Euro) è stata possibile grazie all’intervento diretto della Regione ed ha come obiettivo principale quello di incentivare la mobilità sostenibile. Questo passo ha portato nell’acquisto di nuovi treni a prevedere appositi spazi liberi e attrezzati, ma anche l’adeguamento di numerose stazioni con scivoli dedicati alle bici, ascensori ed informazioni sui treni e le carrozze che prevedono il trasporto bici+treno. Si tratta di un modello da esportare almeno in tutte quelle zone del nostro Paese dove l’uso della bici è sicuramente più frequente che in altre, basti pensare alle Regioni della Pianura Padana, ma dove l’intermodalità viene spesso scoraggiata anziché promossa.
“Alti e bassi nel trasporto ferroviario, ma uno scenario positivo per i pendolari è possibile, se il tema entra nell’agenda delle politiche nazionali e locali. –conclude Tarantini- Occorre puntare a far crescere il trasporto ferroviario in modo da aumentare il numero di pendolari e ridurre le emissioni di CO2 prodotte dal trasporto su gomma, soprattutto nei grandi centri. Ai pendolari non interessa chi sia a gestire il servizio e a chi si debba imputare la colpa delle esigue risorse, l’importante è che ci siano più treni e investimenti per nuove carrozze, che siano rispettati gli orari e si possa contare su un unico abbonamento o biglietto. Insomma, occorre adeguare il servizio agli standard di qualsiasi città europea”.
Queste le priorità secondo Legambiente per rilanciare il trasporto pendolare: Bisogna chiamare il Governo e le Regioni alle proprie responsabilità. Occorre istituire un fondo nazionale per il trasporto locale, finanziato con i proventi di parte dell’accisa sui carburanti. Perché il trasporto pendolare è una componente fondamentale delle politiche nazionali dei trasporti e dunque si deve individuare un meccanismo di finanziamento certo per far crescere l’offerta di treni progressivamente nel tempo. E in quest’ambito si potrà affrontare il tema del costo di biglietti e abbonamenti, oggi adeguato a un servizio mediocre ma assai distante da quanto si paga oltre confine dove la qualità è molto migliore ma il costo degli abbonamenti è ovunque 3-4 volte superiore. Servono nuovi treni per i pendolari. L’affollamento dei convogli è sempre più spesso causa dei ritardi (per la difficoltà di accesso alle carrozze e di chiusura delle porte); occorre spostare nei nodi urbani la voce maggioritaria della spesa per infrastrutture. Almeno il 50% della spesa nazionale per le opere pubbliche deve andare alla realizzazione di nuove linee di metropolitane e del servizio ferroviario pendolare, di tram. Sulla restante parte la priorità deve andare, come in tutti gli altri Paesi europei alla ferrovia. Curare maggiormente la qualità del servizio utilizzando lo stesso tipo di attenzioni che si è messo in questi mesi sull’offerta di nuovi treni ad Alta Velocità e rafforzando l’attenzione per la pulizia delle carrozze e delle stazioni. Legare le politiche dei trasporti e urbanistiche nelle aree urbane. Alla base delle esperienze di maggiore successo di integrazione tra linee di trasporto ferroviario regionale e metropolitano con il trasporto pubblico locale nelle città europee è la forte condivisione di obiettivi e strategie tra i diversi Enti Locali e una attenta integrazione delle politiche urbanistiche e dei trasporti.