domenica 9 dicembre 2012

Ferrovie: Italia e Svizzera a confronto

C'è chi dice che in Italia occorrono nuove linee ferroviarie, e tra mille polemiche le Grandi Opere tengono banco da molti mesi a questa parte: TAV, Terzo Valico. Chi le promuove dice che sono necessarie per lo sviluppo economico del Paese, dato che le linee esistenti non bastano più, sono sovraccariche!
Ma è proprio vero?
Un grafico che mette a confronto il grado di utilizzo delle linee ferroviarie sembra sfatare (e molto) questo mito: se la Svizzera è al top nell'utilizzo delle linee esistenti, con ben 146 treni/km/giorno, l'Italia segue molto distanziata con "soli" 53 treni/km/giorno. E allora? Siamo sempre così sicuri che le attuali linee non potrebbero essere sfruttate un po' meglio?
fonte: Swissinfo.ch

sabato 8 dicembre 2012

CONTROLLO "SPECIALE" SUL TRASPORTO PUBBLICO

da La Voce

di Romeo Incerti 07.12.2012
Dopo il referendum e la sentenza della Corte costituzionale occorre individuare nuovi strumenti per rendere più efficiente il sistema dei trasporti pubblici. O almeno per ridurne le perdite. Due proposte coerenti con i principi di autonomia e responsabilità di Regioni ed enti locali.
L’assemblea capitolina ha approvato, quasi all’unanimità (1 voto contrario e 2 astenuti) l’affidamento “in house” ad Atac dei servizi di trasporto pubblico locale dal 1º gennaio 2013 fino al 3 dicembre 2019.
Tutte le forze politiche capitoline hanno commentato in modo entusiastico la decisione, sottolineando come con l’affidamento in house si riesca a garantire un miglior servizio alla città e si possano salvaguardare i posti di lavoro.
AZIENDE DISSESTATE
Sembra ci sia dimenticati che Atac è stata affidataria in-house dal 2005 fino a oggi e non ha certo brillato né per qualità del servizio, né per risultati economici. Anzi, i risultati economici sono stati talmente catastrofici (nel biennio trascorso le perdite sono state pari a circa 500 milioni di euro e quest’anno si viaggia su un preventivo di circa 170 milioni di buco) che l’affidamento in-house fino al 2019 è considerato dai vertici di Atac condizione indispensabile per negoziare con le banche un accordo che consenta il salvataggio della società.
Purtroppo Atac non è il solo affidatario diretto a registrare performance negative: basti pensare a Cotral, per restare nel Lazio, o alla pesante crisi che sta investendo le aziende di trasporto pubblico locale campane, che sono in liquidazione (Cstp) o che addirittura sono in stato fallimentare (Eavbus, con un buco di circa 500 milioni).
La stessa musica, anche se con risultati meno eclatanti, si sente nelle aziende pubbliche di Tpl affidatarie di servizi tramite gara e nell’esperienza delle società miste: secondo Asstra, l’associazione che raggruppa le aziende di Tpl di proprietà pubblica, oltre il 40 per cento delle aziende associate presentano bilanci in rosso e l’esperienza di Genova, il più rilevante esempio di parziale privatizzazione di un’azienda di trasporto pubblico locale, è fallita miseramente con l’abbandono del socio privato.
Le ragioni dei risultati negativi sono molteplici e strutturali, e non coinvolgono solo le aziende pubbliche, anche se in quest’ultime, e in particolare in quelle assegnatarie di affidamenti diretti, si trovano i risultati più preoccupanti.
TRATTAMENTO “SPECIALE” PER AZIENDE PUBBLICHE
Lo strumento principe individuato fin dal lontano 1997 per migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi di trasporto pubblico, l’obbligo di gara e la separazione netta tra le funzioni di regolazione e controllo e quelle di gestione, non è più disponile, travolto dal referendum popolare dello scorso anno e dal pronunciamento della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 4 del Dl 138/2011, che ricalcava, praticamente alla lettera, l’articolo 23 bis del Dl 112/08 abrogato col voto popolare.
Occorre dunque fare i conti con il nuovo quadro normativo e individuare altri strumenti per rendere più efficiente il sistema dei trasporti pubblici o quantomeno per provare a ridurne le perdite.
L’intervento deve svilupparsi lungo due direzioni.
Da un lato, occorre potenziare la strumentazione di regolazione del settore, assicurando che tutte le imprese, siano esse pubbliche o private, affidatarie dirette o tramite gara, rispettino almeno gli standard, che dovranno essere fissati dall’Autorità dei trasporti, in merito ai criteri di definizione delle compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico, delle tariffe, della qualità: in altri termini, tutta la normativa che la nascente Autorità dei trasporti dovrà predisporre per garantire il corretto funzionamento dei servizi di trasporto pubblico dovrà applicarsi anche dagli affidatari in-house.
Dall’altro lato, occorre però potenziare gli strumenti di controllo sulle imprese pubbliche, siano esse affidatarie dirette o tramite gara, e sulle pubbliche amministrazioni locali loro proprietarie, per evitare che la “discrezionalità” loro lasciata si traduca in eventuali costi aggiuntivi per la collettività. In altri termini, prendendo atto che le amministrazioni possono organizzare il servizio pubblico come meglio credono, occorre introdurre regole per assicurasi che, qualora le società esercenti i servizi pubblici locali siano pubbliche, i loro bilanci siano in ordine, evitando così di far pagare alla collettività gli extra-costi dovuti alla cattiva gestione delle aziende oppure a politiche dell’ente proprietario tese a scaricare sulle aziende i propri problemi di bilancio.
Per le aziende pubbliche occorre pensare a un “trattamento speciale” perché anche le vicende di queste ultime settimane sono lì a ricordarci che queste imprese, benché siano sottoposte al codice civile, non possono di fatto fallire, o quantomeno i costi politici e sociali del loro fallimento sono talmente alti che la politica, tutta, si mobilita per trovare una soluzione “straordinaria” che alla fine ricade sulle casse pubbliche. Allora, anziché pensare a strumenti “straordinari” quando i disastri sono già stati fatti, occorre pensare a strumenti “straordinari” preventivi, che siano in grado di evitare la certificazione dei disastri.

Le possibili linee di intervento sono due e operano una sul versante “aziendale” e l’altra sul versante “degli enti proprietari” delle aziende. Possono essere considerate alternative, ma al tempo stesso potrebbero anche essere complementari e operare contemporaneamente.
Una prima ipotesi è quella di introdurre nell’ordinamento una norma che preveda l’affidamento delle aziende pubbliche in perdita ad “amministratori indipendenti”: l'intervento, che sottrae l’azienda dalla gestione dell’ente proprietario, dovrebbe avvenire alle prime avvisaglie di perdite e non quando la situazione è già gravemente compromessa; dovrebbero essere escluse solo le società quotate. Il disegno di legge di Stabilità introduce una norma che, per quanto confusa nella sua attuale formulazione, sembra andare in questa direzione, proponendo per il trasporto pubblico locale la nomina di commissari ad acta e la decadenza dei direttori, qualora la Regione non sia in grado di assicurare l’equilibrio e l’appropriatezza della gestione e di elaborare e rispettare i piani di rientro. Così come scritta la norma è certamente inapplicabile, indica però la strada da seguire: se le aziende e le amministrazioni locali non sono in grado di assicurare una corretta gestione, devono essere “commissariate”.

Una seconda ipotesi, più coerente col modello di federalismo fiscale, e con l’ordinamento costituzionale, è quella di consolidare i bilanci delle aziende pubbliche nel bilancio degli enti proprietari, intervenendo tramite “poteri sostitutivi” nei confronti dell’ente, qualora esso non sia in grado di rispettare gli equilibri di bilancio. Anche in questo caso l’intervento sostitutivo deve avvenire ben prima di quanto non si faccia oggi, evitando tra l’altro di far pagare alle amministrazioni che devono dichiarare il dissesto le colpe degli amministratori che li hanno preceduti. Alcune indicazioni in tal senso sono inserite nel Dl 174/12 attualmente in fase di conversione.
Entrambe le proposte, qui semplicemente abbozzate, richiedono ulteriori approfondimenti tecnici e giuridici e non risolvono certo le molteplici problematiche strutturali che affliggono il settore del trasporto pubblico locale nel nostro paese: hanno però il pregio di poter essere applicate a tutte le aziende pubbliche, di contenere i danni della “mala gestione” e di essere coerenti con i principi di autonomia e responsabilità che devono caratterizzare l’attività delle Regioni e degli enti locali.

giovedì 6 dicembre 2012

Trasporto ferroviario sovraregionale: la regia ritorna statale?

Da La Voce.info

CHI GUIDA IL TRASPORTO LOCALE?

di Andrea Boitani e Pietro Spirito 04.12.2012
Suscitano perplessità le misure della legge di Stabilità sul trasporto pubblico locale. Con la creazione di un fondo nazionale e la definizione di linee guida per l'allocazione delle risorse tra le Regioni, il potere decisionale torna al Governo centrale.
Il trasporto pubblico locale (Tpl) è nell’occhio del ciclone. In Campania è fallita qualche settimana fa l’azienda regionale del trasporto extraurbano (Eav Bus); a Torino è in corso una difficile procedura per la vendita del 49 per cento delle azioni della locale azienda Gtt. Intanto, in Parlamento, sono in discussione provvedimenti che avranno impatto sulla riorganizzazione del mercato, mentre la Commissione europea sta predisponendo un parere interpretativo sul regolamento n. 1370 del 2007, che disciplina gli obiettivi di servizio pubblico nel trasporto locale.

UN’ALTRA LEGGE

La Camera ha licenziato la scorsa settimana il testo del disegno di legge di Stabilità, che, in materia di trasporto pubblico locale, introduce novità rilevanti circa l’assetto stabilito nel corso degli ultimi anni di mutevole e contraddittoria legislazione. Il provvedimento è passato ora all’esame del Senato per l’approvazione definitiva. Ma le perplessità che il disegno di legge suscita sono molte. Nel testo in discussione, il pendolo tra decentramento dei poteri verso le Regioni e centralizzazione delle funzioni allo Stato torna a orientarsi verso l’attribuzione di penetranti poteri decisionali all’esecutivo centrale: si costituisce un Fondo nazionale per i servizi di trasporto pubblico locale, si definiscono linee guida per la allocazione delle risorse tra le Regioni. I criteri esatti per l'allocazione vengono invece lasciati a un futuro decreto del presidente del Consiglio dei ministri (da emanarsi entro il 31 gennaio 2013). Entro sessanta giorni dall’emanazione di quel decreto le Regioni riprogrammano i servizi ed entro sei mesi sostituiscono “le modalità di trasporto ritenute diseconomiche” e rivedono i contratti di servizio in essere. Il Governo centrale assume la possibilità di nominare commissari ad acta e di revocare i vertici delle aziende in caso di squilibri finanziari nella gestione, secondo criteri stabiliti in un apposito decreto.

CENTRALISMO AL CONTRATTACCO...

Negli ultimi decenni, centralismo (1981-1995) e decentramento (1996-2012) hanno dato entrambi pessima prova. Non è che negli anni del Fondo nazionale trasporti (Fnt, istituito nel 1981) le aziende fossero incentivate a comportamenti efficienti. Anzi, proprio in quel periodo si sono accumulati i debiti, le inefficienze e gli sprechi che avevano spinto verso il cambiamento di rotta del 1996. Eppure, per legge, il Fnt doveva essere ripartito in base ai costi standard, cosa mai avvenuta nella realtà. Dopo oltre quindici anni di semi-federalismo, il Tpl continua a registrare performance disallineate rispetto ai parametri industriali europei di efficienza e ad assorbire più risorse pubbliche per unità di “prodotto” che negli altri paesi europei (grafico 1). (1) Le Regioni non hanno pianificato i servizi secondo criteri di funzionalità e di allocazione efficiente delle risorse pubbliche; i monopoli localicontinuano a farla da padroni, spesso in condizioni di degrado gestionale le cui conseguenze ricadono sui clienti. In qualche caso si assiste anche a integrazioni orizzontali del monopolio sia in campo ferroviario (ad esempio, la società “Trenord” tra Regione Lombardia, proprietaria de Le Nord, e Trenitalia) sia tra compagnie ferroviarie e aziende locali (Trenitalia ha acquistato l’Ataf di Firenze e la Regione Toscana vuole fortemente il grande campione regionale del trasporto su ferro e su gomma). È difficile, quindi, parteggiare per una delle due soluzioni: da un lato le Regioni che reclamano le proprie prerogative su materie loro delegate dalla Costituzione e dall’altro lo Stato che, stanco delle inerzie regionali, intende esercitare poteri sostitutivi.

...MA PUÒ FUNZIONARE?

Molti, però, sono i dubbi circa l’efficacia economica e organizzativa delle norme in discussione. Innanzitutto, appare davvero difficile esercitare il previsto potere sostitutivo dello Stato centrale nella gestione delle singole aziende, non solo per la necessità di mettere in campo una macchina di controlli e un apparato di management alternativo davvero robusto, ma anche perché, in principio, si dovrebbero poter rimuovere i vertici di aziende private, che rappresentano circa il 30 per cento del settore. Inoltre, le norme introducono incentivi finanziari per una razionalizzazione dell’offerta e un aumento della quota di ricavi, per lo più attraverso il taglio di servizi a domanda debole, ma non affrontano la questione del contenimento dei costi di tutti i servizi. Infine (ma non è certo l’ultimo dei problemi), gli indirizzi normativi si accompagnano a riduzioni dell’ammontare dei corrispettivi pubblici nell’ordine di 400 milioni di euro rispetto alle risorse del 2010, e non si affronta il tema dei tardati pagamenti dei corrispettivi dagli enti territoriali alle aziende, che stanno aggravando finanziariamente le condizioni già disastrate gestionalmente delle imprese di settore. Costringere all’efficienza attraverso una riduzione del volume complessivo dei corrispettivi può essere parte di una strategia anche opportuna (starve the beast), ma quella dei tagli lineari non è la rotta maestra per le riforme. Anche perché, di fronte a un grave rischio di interruzione dei servizi per mancanza di fondi, sarebbe difficile per lo Stato non aprire nuovamente i cordoni della borsa, come sovente accaduto negli anni in cui vigeva il Fnt (1981-1995).

TRA COSTITUZIONE E INCENTIVI

Sui profili costituzionali delle norme in questione saranno i giuristi a valutare: è certo però che la riforma costituzionale del 2001 aveva trasferito all’esclusiva competenza regionale la materia del trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario, mentre aveva lasciato all’esclusiva competenza statale la tutela e la promozione della concorrenza. Da questa certezza si può intravedere una strada più promettente rispetto a quella indicata nel disegno di legge in discussione. Alle Regioni potrebbe essere lasciata una quota (diciamo in ipotesi l’80 per cento) delle risorse per il sostegno dei servizi regionali (chiamiamolo Fondo ordinario). La ripartizione di tali risorse dovrebbe avvenire in prospettiva secondo il criterio dei costi standard (che dovevano essere elaborati già tre anni fa). Realisticamente, si potrebbe partire con un’allocazione basata per metà sulla spesa storica e per metà sui costi standard, per far crescere di un 10 per cento l’anno la quota basata sui costi standard. Il 20 per cento delle risorse non allocate dovrebbero alimentare un Fondo direttamente gestito dallo Stato per la promozione della concorrenza e dell’efficienza; tale Fondo sarebbe destinato in parte a finanziare gli obblighi di servizio per il trasporto interregionale, che verrebbe assegnato alla responsabilità contrattuale dello Stato, e in parte a un sistema di incentivi mirato a premiare comportamenti efficienti da parte degli enti territoriali. Lo Stato potrebbe quindi, con questo Fondo, 1) finanziare contratti di servizio per i servizi ferroviari interregionali, preventivamente posti a gara, dimostrando così alle Regioni che la concorrenza per il mercato si può realizzare, con significativi risparmi e senza ridurre la soddisfazione dei cittadini; 2) istituire un programma premiale per le Regioni che possano dimostrare di aver raggiunto target crescenti nel tempo (definiti dallo Stato) in termini di quota dei servizi (ferroviari e su gomma) messi a gara dalle Regioni stesse e dai comuni.
ATTUARE LE NORME ESISTENTI 

Servirebbe infine attuare e far attuare alle Regioni le norme già esistenti da tempo. Lettera morta è rimasto, in particolare, l’allegato al regolamento europeo n. 1370 (emanato nel 2007), che prevede meccanismi di corretta allocazione dei costi contabili, in particolare nel caso di affidamento diretto a società in house, per evitare fenomeni di over-compensation, o di mantenimento di gestioni inefficienti. Peraltro, nella recente comunicazione della Commissione sugli aiuti di Stato (2012/C 8/02), è detto con chiarezza che, in caso di affidamenti diretti di servizi di interesse generale, “l’importo della compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi che una impresa, media, gestita in modo efficiente (…), avrebbe dovuto sostenere per adempiere tali obblighi (…). L’obiettivo è garantire che non siano presi come riferimento i costi elevati di un’impresa non efficiente”. In fondo, basterebbe obbligare le Regioni a partire da lì, per introdurre meccanismi correttivi di stimolo alla migliore allocazione delle risorse pubbliche.

mercoledì 5 dicembre 2012

Mancano 4,5 milioni a copertura del servizio ferroviario della Liguria: ennesimi tagli del servizio e aumenti dei biglietti.

Per l’Ass. Vesco è diventata una assai triste consuetudine: verso fine anno, con immancabile puntualità, annuncia che ancora una volta lo Stato taglia risorse sul trasporto pubblico e che tocca tirare la cinghia.
Passano i governi, ma la ricetta è sempre quella: pagare di più per ricevere meno. Va bene la crisi, ma davvero da dei supertecnici ci saremmo aspettati molto di più. Invece no: sul tema dei servizi pubblici Monti & C. ricalcano fedelmente la linea Tremonti e usano le forbici con estrema disinvoltura, salvo beninteso mettere in discussione le cosiddette Grandi Opere, per le quali il portafoglio, invece, è sempre aperto e che saranno pronte tra vent’anni, quando magari il trasporto pubblico non ci sarà più.
Tagli e aumenti, la ricetta è sempre quella
Dal primo gennaio ci sarà un nuovo aumento (pari al 3,1%) sul prezzo dei biglietti e degli abbonamenti, salvo però una possibile “manovra” aggiuntiva che potrebbe rendersi necessaria a giugno, e contro la quale chiediamo a Vesco il massimo impegno per scongiurarla.
Dal cambio dell’orario, al 10 dicembre, partiranno i primi tagli:
  • Tagliato il treno della neve Genova-Limone (ma ci sarebbe una alternativa con cambio a Fossano);
  • Tagliato il bus notturno Voghera-Genova;
  • Da febbraio-marzo potrebbero partire altri tagli la cui lista è in via di definizione, e se le fasce pendolari restano beninteso salvaguardate sarà però l’utenza più occasionale e turistica a venire penalizzata, con ricadute negative sulla mobilità complessiva della Regione;
A tutela delle fasce più deboli Vesco avanza l’eventualità di ricorrere alla certificazione ISEE per ottenere tariffe agevolate, tuttavia tale proposta appare di non agevole applicazione e di incerto risultato.
Ben inteso, il bonus è da considerarsi ormai un caro estinto, come da qualche anno a questa parte.
Integrazione Bus-Treno
Ci si potrebbe aspettare che, nella prospettiva della creazione dell’area metropolitana genovese, anche questa integrazione venga progressivamente estesa ai territori limitrofi, includendo magari gli autobus extraurbani adottando una tariffazione “concentrica” e invece no! AMT e Trenitalia litigano su come dividersi i proventi dei biglietti e hanno deciso di divorziare. A pagare l’avvocato penseranno, come sempre, i cittadini, che vedranno quasi raddoppiare le spese di trasporto se vorranno continuare ad usare entrambi i mezzi.
Conclusioni
A forza di tagliare i rami del trasporto pubblico, se ne sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa. Sono anni che tagli e aumenti non servono a rimettere in sesto le sorti del TPL, mentre a risentirne sono tutti i cittadini che a fronte di forti rincari dei prezzi dei biglietti e degli abbonamenti vedono peggiorare il servizio reso. Questo in un momento di forte crisi economica, che fa aumentare la domanda di trasporto pubblico rendendo ancora più dannose le carenze e i disservizi che quotidianamente si riscontrano in tale settore.
L’alternativa esiste, lo andiamo ripetendo da anni, ma fino ad oggi nessuno degli Enti competenti (Stato e Regioni, in primis) ha fatto mostra di aver ascoltato, anche in minima parte, le nostre proposte.
Manca prima di tutto la programmazione, la visione di insieme del tema della mobilità: le decisioni sono frammentate e lasciate all’iniziativa delle singole aziende, senza una regia complessiva a livello statale e regionale. I diversi comparti (treni, metropolitane, autobus   urbani ed extraurbani, ecc.) sono lasciati a sé stessi e non si cercano le dovute sinergie che farebbero risparmiare già parecchio denaro. Questi mezzi poi non sono messi in relazione con altre modalità di trasporto (bicicletta, car e bike sharing, car polling, ecc.) e visti in un’ottica complessiva che dovrebbe tendere ad un effetto rete per abbracciare tutto il territorio interessato dalla domanda di mobilità.
Manca una regia, una testa pensante che coordini a livello regionale e provinciale le strategie, le risorse, le decisioni, che progetti il servizio, scelga i fornitori, controlli e monitori i risultati di ogni singolo attore di questo processo e metta a fattor comune tutti gli elementi in grado di creare il giusto mix di azioni aventi l’obiettivo di realizzare concretamente una mobilità migliore i cui costi possano essere diminuiti senza necessariamente tagliare, per prima cosa, il servizio o aumentando i prezzi del biglietto.
Fino ad oggi le Regioni (e la Liguria non fa eccezione) hanno reagito alla diminuzione delle risorse provenienti dallo Stato unicamente tagliando il servizio e aumentando biglietti e abbonamenti, senza tentare mai una vera riorganizzazione della mobilità locale. Anche la bozza di legge attualmente ferma presso il Consiglio Regionale della Liguria è stata prodotta non tanto per promuovere una visione nuova e più efficiente del trasporto pubblico, ma più prosaicamente per tagliare costi, anche se le voci più consistenti delle varie aziende sono costi fissi che difficilmente si possono comprimere tagliando i servizi. Anzi alla lunga i tagli sono controproducenti perché diminuendo il servizio, calano anche gli introiti da bigliettazione: un vero e proprio circolo vizioso che porta il tpl verso il baratro.
Noi crediamo che si possa risparmiare anche senza tagliare il servizio, a per fare questo occorrono capacità, competenza e coraggio: saprà e vorrà la Regione Liguria raccogliere questa sfida?

Tagli e aumenti dei biglietti: i pendolari non sono d'accordo!

Vesco ha detto che i tagli e gli aumenti decisi dalla Regione Liguria avevano l'assenso dei pendolari e dei consumatori, ma ciò costituisce una forzatura.

Le associazioni dei pendolari, degli utenti e dei consumatori, degli ambientalisti riunitesi nel forum ligure del tpl hanno inviato questa mattina la comunicazione riprodotta a fine testo all'assessore Vesco relativamente alla manovra 2013 sul tpl della regione liguria. Con l'occasione esprimono la loro più totale contrarietà:
1) alla disintegrazione tariffaria in atto e alla crescita della concorrenza tra aziende della gomma e del ferro che pure operano con sovvenzioni pubbliche in regime di esclusiva
2) la pericolosa deriva del tpl sta portando la liguria ad allontanarsi dai modelli virtuosi per avvicinarla a regioni come la campania dove il servizio del tpl è sceso del 50%
3) a una ripartizione del contributo 75 milioni ferro, 119,5 gomma a discapito del servizio ferroviario

chiedono di approvare urgentemente la legge regionale sul tpl e inserire nel provvedimento di giunta per il finanziamento del tpl 2013 l'obbligo della integrazione oraria e tariffaria in tutta la regione penalizzando nei contributi le aziende che non adempieranno. A sostegno di questa richiesta invitiamo le forze politiche della liguria a pressare il consiglio regionale e la giunta affinchè si riaffermi il ruolo di programmazione e coordinamento del trasporto pubblico. Chiamano i pendolari e gli utenti alla mobilitazione invitandoli a partecipare alla settimana del tpl dal 17 al 21 dicembre a far sentire la propria voce con la lotta democratica e la disobbedienza tariffaria qualora sia necessario a tutela del mobilità pubblica.

forum ligure tpl

alla c.a

assessore regionale trasporti

in merito alle proposte formulateci nell'incontro del 3 dicembre per il servizio ferroviario 2013 facciamo presente che non condividiamo tagli e aumenti tariffari senza un piano di rilancio del trasporto pubblico su ferro e gomma. Ribadiamo la richiesta di un tavolo di confronto regione liguria - comune di genova - trenitalia - amt - atp sull'integrazione oraria tariffaria e modale a partire dall'area metropolitana genovese.

giovedì 8 novembre 2012

Avviso ai viaggiatori



Questo volantino è stato distribuito stamani sul treno dal personale di Trenitalia.

Leggendo nessuna perplessità è stata fugata...anzi...Sopratutto le ultime righe sono inquietanti e mi appaiono come un lavarsi le mani a priori. Però l'interpretazione è personale.

Scorrendolo autonomamente vi farete un'idea.

sabato 13 ottobre 2012

Più posti a sedere per i pendolari del Levante: sui regionali “velocizzati” arrivano le carrozze a doppio piano

Da Genova24.it 

Regione. Un incontro positivo quello che si è svolto questo pomeriggio tra l’assessore regionale ai Trasporti Enrico Vesco, i dirigenti di Trenitalia e i comitati dei pendolari. Tante le criticità segnalate e i problemi da risolvere messi sul piatto, ma l’incontro si è chiuso con due buone notizie per i pendolari liguri.
La prima riguarda i treni regionali della linea La Spezia Genova e Sestri levante Genova: “La richiesta di un maggior numero di posti a sedere per migliorare le condizioni di viaggio dei treni che abbiamo velocizzato – spiega l’assessore Enrico Vesco – cioè lo Spezia – Genova e il Sestri levante – Genova, treni che con i nuovi orari da giugno hanno effettivamente garantito tempi più ristretti e hanno avuto un alto gradimento, era doverosa perché gli utenti sono aumentati e la composizione iniziale non soddisfaceva più, con molti passeggeri costretti a viaggiare in piedi. La notizia è che Trenitalia modificherà la composizione di quei treni mettendo delle carrozze a doppio piano, per complessivi 300 posti in più”.
La nuova composizione resterà in vigore fino a giugno “perché quei vagoni non sono dotati di aria condizionata e in estate, e verrà ripristinata la composizione delle carrozze a media distanza ma nei periodi estivi non c’è grande afflusso perché viene meno il trasporto scolastico, quindi questo non rappresenta un problema” spiega Vesco.
Molto importante anche la notizia che ha dato la divisione passeggeri di Treninalia circa il fatto che i collegamenti intercity tra Milano e Ventimiglia non verranno soppressi e sostituiti dai Frecciabianca: “Era una preoccupazione rispetto alla quale è stato positivo prendere posizione e protestare nei confronti del Governo che ha la competenza per questo servizio. Vigilerò perché non avvenga neanche in futuro”.
Da risolvere restano però molte criticità: “A cominciare dalla composizione dei treni Intercity che è uno dei maggiori motivi di tensione con i pendolari, perché capita che alla mattina si trovino un numero di carrozze inferiori alla composizione necessaria. Inoltre, sempre per quanto riguarda il trasporto intercity che non dipende dalla Regione ma rispetto al quale la Regione vuole avere un ruolo, c’è la protesta dei pendolari che condivido rispetto alla necessità di avere un posto a sedere per gli abbonati. Basterebbe un po’ di buon senso e quindi mettere a disposizione una carrozza o alcuni scompartimenti all’interno delle carrozze che non vengano date per la prenotazione dei posti a corsa semplice ma riservate agli abbonati”.
“Peraltro – ha aggiunto Vesco – in una Regione che di abbonati a quel tipo di servizio ne ha molti perché abbiamo in Liguriia 4.500 carte Tuttotreno, quindi esiste una domanda notevole di posti che non può non essere tenuta in considerazione”.
Katia Bonchi

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