Si sente spesso parlare di tagli ai servizi pubblici (e, dopo la “Supermanovra” varata dal Governo, se ne parlerà ancor di più), perché gli Enti Locali sono sempre più “poveri”, ma non si quantificano mai le
effettive ricadute che questi tagli hanno sui cittadini.
I servizi pubblici hanno in realtà un grande valore, molto maggiore del loro “costo” e tagliarli equivale a privare i cittadini di opportunità che, pagate dai singoli, sarebbero per i più quasi inavvicinabili. Tagliare i servizi pubblici inoltre è profondamente iniquo perché non incide tanto su chi, magari evadendo le tasse, può pagarseli di tasca propria, ma su tutti coloro che, in assenza di tali servizi, dovrebbero rinunciarvi: pensionati, lavoratori precari, redditi bassi. Una ingiustizia nell’ingiustizia, quindi.
Per dimostrare dunque il “valore” (inteso qui solo in termini monetari, prescindendo da tutti gli altri che pure esistono) di un servizio pubblico, ho provato a quantificare il minore costo da me sostenuto grazie all’utilizzo del treno rispetto all’uso dell’auto privata per andare e venire a Genova, città in cui lavoro, partendo da Lavagna, città in cui abito.
Dico subito il risultato: 11 a 1, ossia ho scoperto che spendo all’incirca ben 11 volte di meno, 695 euro all’anno contro 7.877. A dire il vero, da quando ho comprato l’abbonamento ad oggi l’abbonamento al treno ha subito un aumento del 15 %, ma se guardiamo alla folle corsa del prezzo della benzina, tutto sommato forse il vantaggio è rimasto lo stesso.
Dalle tabelle ACI ho ricavato i costi chilometrici, non conteggiando quelli fissi dovuti al mero possesso dell’auto. Io ho una automobile, quindi ho già sostenuto un costo di acquisto e sostengo i relativi costi di assicurazione, revisione, ecc. La uso però solo nei fine settimana, o per fare dei lunghi viaggi di piacere.
Il calcolo dell’uso dell’auto nei giorni lavorativi tuttavia è stato fatto solo sui costi “vivi” dovuti a carburanti (benzina), usura del mezzo e relative manutenzioni. Ho quindi sommato il costo di un abbonamento mensile di un parcheggio nelle vicinanze di dove lavoro (in centro città) e il costo dei pedaggi autostradali. Il risultato è a dir poco strabiliante: usare l’auto, nel mio caso, costa 11 volte di più del treno: e forse questo spiega anche perché, nonostante tutto, la gente si ostini a usare i mezzi pubblici.
Viaggiando in treno percorro un tragitto più breve rispetto all’autostrada: 40 km circa invece che 46, più le tratte urbane. Anche questo, due volte al giorno, ha la sua incidenza.
Come orario, se tutto fila liscio, da porta di casa a porta dell’ufficio con la combinazione bici+treno+piedi ci impiego 1,30 ore. Con l’auto, il tempo si attesta sull’ora. Basta però una semplice coda per farlo aumentare, anche non di poco. Ho calcolato il percorso uscendo da Genova Ovest per raggiungere la zona dell’Acquario e l’adiacente parcheggio sotterraneo.
Un’ultima considerazione: grazie al mio abbonamento posso usare il treno anche nei giorni di festa, con un ulteriore potenziale risparmio rispetto all’uso dell’auto ed evitando le code tipiche del week-end. Durante le ferie ne approfitterò per godermi le nostre splendide coste.
Muoversi con la testa, prima ancora che con i piedi (o con le ruote), significa adottare un approccio innovativo, sfuggendo ai mille messaggi unidirezionali che il marketing odierno riversa sul cittadino per convincerlo che senza l’auto non può muovere un passo.
In tempi di crisi poi, se analizziamo la fetta sempre più consistente dei nostri bilanci che se ne va in spostamenti, ci accorgiamo che, di questo passo, tale spesa, se fatta con mezzi privati, diverrà presto insostenibile. E allora che faremo, smetteremo di andare a lavorare?
Analizzando i dati si ha la riconferma del
perché allo Stato e agli Enti Pubblici in fondo piacciano molto di più gli automobilisti che i pedoni: se io con i miei viaggi spendo in tasse 139 euro all’anno un automobilista che fa il mio stesso tragitto ne spende circa 3.000. La parte del leone ovviamente va all’accisa sui carburanti, ma poi occorre sommare l’IVA al 20% su tutte le altre prestazioni (manutenzioni, parcheggi, pedaggi autostradali).
Se davvero Stato ed Enti Pubblici avessero a cuore le tasche (e la salute) dei cittadini l’ultima cosa che farebbero sarebbe tagliare il servizio di mobilità. Lo incrementerebbero, anzi. Come? Usando in modo appropriato le risorse disponibili, razionalizzando la gestione, sfrondando consigli di amministrazione di troppe aziende tra loro scoordinate, evitando gli sprechi (che, specie ai piani alti dello Stato, permangono e continuano) e utilizzando a tale scopo la tassazione proveniente dal trasporto privato, considerando l’automobilista un po’ meno mucca da mungere, e un po’ di più un cittadino cui fornire valide alternative al trasporto privato e alle relative alte spese che esso comporta.
A chi interessa, e volesse fare un analogo calcolo per sé (magari nelle vacanze
), qui è possibile scaricare il file in excel da me prodotto. Sarebbe interessante vedere altri esempi di calcolo, con itinerari e mezzi diversi (es.: confronto tra uso dello scooter e del bus in città, o dell’auto e della metropolitana, ecc.).