domenica 26 dicembre 2010

Aumenti tariffari e tagli nei collegamenti ferroviari: più costi che benefici per gli utenti


Il primo febbraio saremo tutti più poveri: lo saremo perché dovremo spendere di più per viaggiare in treno e lo saremo ancor di più perché vedremo diminuire i collegamenti.


Nella ormai consueta “riunione di Natale” convocata il 22 dicembre l’Ass. Vesco ci ha comunicato (seppure parzialmente, come vedremo) quanto stabilito dalla Regione in termini di tagli ed aumenti delle tariffe dei treni.

A fronte di ulteriori 35 milioni che (pare!) dovrebbero arrivare dal Governo, e tolti i 25 precedentemente stornati da altri capitoli di bilancio regionali, resterebbero 10 milioni di cui 5 andrebbero al trasporto su ferro. Un po’ complicato? Allora, ricapitolando, il “buco” di bilancio per il trasporto pubblico verrebbe ridotto da 38 a 33 milioni di euro. Sempre meglio di niente, ma certo non un grande progresso.

Un milione andrebbe a coprire il costo dell’integrazione AMT-Trenitalia, che per gli utenti genovesi è una bella notizia. Questa integrazione è davvero molto importante, e sarebbe assurdo tornare indietro anche in considerazione degli investimenti che si stanno facendo per migliorare le linee del nodo di Genova allo scopo di integrare sempre di più la ferrovia nella mobilità metropolitana. Non sarebbe infatti molto logico investire miliardi per migliorare le linee per poi ridurre i treni e i collegamenti! Eppure questo potrebbe essere uno scenario molto probabile.

Il resto delle risorse in arrivo da Roma andrebbe a diminuire l’impatto degli aumenti tariffari, che a questo punto si attesterebbero su +15% per gli abbonamenti e su +25% per i biglietti di corsa semplice.

Dal 10 gennaio dovrebbe venire reintegrato il collegamento Genova-Bologna, dato che l’Emilia Romagna sarebbe disponibile a collaborare: le molte proteste e lamentele nelle due regioni hanno sortito un effetto importante.

Circa i tagli, ovvero la famosa“black list”, durante la riunione nulla ci è stato rivelato, a parte le rituali assicurazioni sull’estrema cautela e cura con cui la fatale lista era stata stilata. L’ass. Vesco ha ritenuto di mandarcela per e-mail qualche ora prima della conferenza stampa che si è tenuta il giorno dopo, il 23 dicembre.

Non è stato possibile quindi prendere visione dei tagli in tempo utile per svolgere una qualche considerazione e tanto meno richiesta di cambiamenti, per cui le osservazioni che faremo sono necessariamente fatte a posteriori.

Riteniamo inoltre doveroso precisare, a fronte delle dichiarazioni dell’ass. Vesco circa un “accordo” sottoscritto dalle associazioni presenti, che l’adesione a tale documento è da intendersi unicamente per quel che concerne la diminuzione dell’aumento degli abbonamenti e delle tariffe di corsa semplice, che in un primo tempo era stata quantificata rispettivamente nel 20% e nel 30%, portandole ora a 15% e 25%. La nostra valutazione in occasione della sottoscrizione del documento è stata necessariamente parziale e per questo riteniamo che, per quel che ci riguarda, non si possa parlare di “accordo” ma piuttosto di presa d’atto, che presuppone, come peraltro indicato nel documento, il rinvio “ad un successivo confronto” “la definizione degli interventi che dovranno essere attivati”.

I tagli
Sono molti di più di quelli che ci sono stati prospettati. Si parlava di 30, poi di 20. Ad oggi, sono ben 68: 38 feriali (su 290, ossia il 6%) e 27 festivi (su 205, ossia il 13%).
12 collegamenti sul Ponente
28 collegamenti sul Levante
36 collegamenti nell’area metropolitana
4 collegamenti Genova – Arquata S.
4 collegamenti Genova – Acqui Terme
9 collegamenti Genova – Milano C.
(il totale è maggiore di 68 perché alcuni treni percorrono più direttrici)

La maggior parte dei tagli riguarda periodi festivi o semifestivi (sabati), ma ve ne sono anche di soppressi completamente, in particolare sul Levante: l’11326 (serale da La Spezia a Genova B.), l’11385 e il 24527 (serali da Sestri L. a La Spezia) e il 2044 (mattinale da La Spezia a Sestri L.). Da Milano per Genova B. sarà soppresso il serale 2199.

Se alcuni treni che riguardano località turistiche frequentate prevalentemente in periodo primaverile ed estivo sono effettivamente legati alla stagionalità (ad esempio quelli che servono le Cinque Terre), non appare comprensibile la riduzione dei treni che gravitano in particolare sull’area metropolitana genovese.

Il fatto che essi siano stati soppressi in particolare al sabato e nei festivi, è una scelta che difficilmente si può inquadrare in una scelta politica che favorisca realmente l’utilizzo del trasporto pubblico. Questi giorni dedicati al tempo libero non sono infatti meno problematici quanto a congestione e traffico privato, e la diminuzione di offerta nel campo del trasporto pubblico non farà che aggravare la situazione.

Così facendo, infatti, si “limita” per così dire il bacino degli utenti ai pendolari che per lavoro o studio si spostano sulle reti regionali, rinunciando di fatto a coinvolgere nell’uso dei mezzi pubblici tutti coloro che si muovono anche per svago e nel tempo libero, dai turisti agli stessi cittadini della regione, che dovranno sempre di più fare ricorso ai mezzi privati, intasando strade e autostrade che sono già oggi al collasso.

Oltre a questo aspetto, c’è naturalmente anche quello legato alla diminuzione delle possibilità di fruire del tpl da parte di soggetti che non vogliono o non possono servirsi di mezzi privati per spostarsi all’interno dell’area metropolitana genovese: in particolare giovani, anziani, e soggetti economicamente deboli.

Acquistare un abbonamento sarà certo meno vantaggioso in quanto, se un tempo lo si poteva usare indifferentemente tutti i giorni, da febbraio lo si userà per lavoro o studio, mentre nei giorni di svago ci si sposterà sempre di più con mezzi privati, e anche questa è una conseguenza molto negativa dei tagli così concepiti.

Questa scelta, che vede i mezzi pubblici pianificati solo per certi tipi di spostamento (dei lavoratori pendolari e degli studenti), invece che per la mobilità in generale, riflette una visione piuttosto antiquata e molto distante da quello che avviene nelle più moderne e avanzate realtà europee, dove sempre più i cittadini reclamano quale fattore del miglioramento della qualità della vita la disponibilità di una rete di mezzi di trasporto pubblico efficiente.

Tutti i tagli dal 1 Febbraio 2010


venerdì 24 dicembre 2010

Tagli e aumenti tariffari? Nessun accordo, al massimo presa d’atto

A fronte delle notizie diffuse ieri dall'Ass. Vesco in merito ad un accordo sottoscritto con i Pendolari Liguri, si ritiene doveroso precisare quanto segue:
 L'adesione a tale documento è da intendersi unicamente per quel che concerne la diminuzione dell'aumento degli abbonamenti e delle tariffe di corsa semplice, che in un primo tempo era stata quantificata rispettivamente nel 20% e nel 30%, portandole ora a 15% e 25%.
 Circa i tagli nulla abbiamo potuto dire in proposito, in quanto la lista non ci è stata presentata se non qualche ora prima della conferenza stampa ai giornalisti, evidentemente fuori tempo massimo per qualunque seria considerazione ed osservazione.
La nostra valutazione in occasione della sottoscrizione del documento è stata quindi parziale e per questo riteniamo che, per quel che ci riguarda, non si possa parlare di "accordo" ma piuttosto di presa d'atto, che presuppone, come peraltro indicato nel documento, il rinvio "ad un successivo confronto" "la definizione degli interventi che dovranno essere attivati".

Sent from my BlackBerry® wireless device

Tagli, Genova perde il treno.Venti convogli eliminati, penalizzati soprattutto i pendolari

Repubblica Genova
di AVA ZUNINO

DICIANNOVE treni in meno al giorno nei giorni feriali e 27 treni cancellati nei festivi: è il taglio al trasporto ferroviario in Liguria che scatterà dal prossimo mese di febbraio. E da febbraio scatteranno gli aumenti tariffari con una novità rispetto a quanto era già stato deciso una decina di giorni fa: si riduce l´aumento degli abbonamenti e dei biglietti ordinari. I primi aumenteranno del 15 per cento contro il 20 per cento già previsto e i biglietti salgono del 25 per cento mentre erano scattati i calcoli per un aumento del 30 per cento. La decisione è recentissima: «ed è per questo che gli aumenti così come i tagli al servizio non saranno operativi da gennaio ma a febbraio: Trenitalia non avrebbe avuto il tempo necessario a modificare la tariffazione e l´orario». Lo ha spiegato ieri mattina l´assessore regionale ai trasporti Enrico Vesco, presentando l´accordo raggiunto con i pendolari e le associazioni dei consumatori.«La giunta ha deciso di investire altri 5 milioni di euro sul trasporto ferroviario - ha detto Vesco - oltre ai 25 già stanziati». Ha spiegato che si tratta di un atto della Regione basato su un impegno di rifinanziamento assunto dal governo: «ma ad ora non contenuto in nessun atto di legge (ci aspettavamo che fosse nel milleproroghe ma non c´era). Nonostante non ci sia certezza neppure dei tempi, noi abbiamo deciso questo ulteriore passo, con cui abbiamo mitigato l´impatto dei tagli del governo».I cinque milioni vengono impiegati in parte per mantenere ancora per due anni intatto, a Genova, il biglietto integrato bus più treno: «senza diversificazioni tariffarie con quelle dell´Amt», ha specificato l´assessore. La scelta di Genova, ha detto: «è doverosa dal momento che da sola vale i tre quarti del trasporto ferroviario ligure». Gli altri quattro milioni di euro, la Regione insieme alle associazioni dei consumatori e dei pendolari, ha deciso di impiegarli per metà in modo da ridurre gli aumenti delle tariffe già decisi e per l´altra metà per ridurre il numero dei treni cancellati. La black list riguarda numerosi treni: «che erano utilizzati soprattutto da studenti e che dunque in estate non erano necessari. O anche treni delle riviere, usati dai turisti che però d´inverno non avevano grande frequentazione. Tutti i treni tagliati hanno alternative in orari vicini. Sono tagli dolorosi ma sostenibili dal sistema». Il taglio ha risparmiato la linea per Acqui Terme: «ne abbiamo discusso molto. Alla fine abbiamo ritenuto di non tagliare, se non un treno di domenica e in tarda mattinata che non ha nulla da vedere con il pendolarismo». Nei prossimi giorni potrebbe essere ripristinato il Genova-Bologna che è appena stato cancellato (si ferma a La Spezia): «sono in corso trattative con la Regione Emilia che si è resa conto di come quel treno serva soprattutto ai suoi pendolari ed è disposta a coprire buona parte dei costi», ha detto Vesco.«Le associazioni dei consumatori sono riuscite ad addolcire una pillola che senza il nostro intervento sarebbe stata assai più amara», ha commentato Stefano Salvetti di Adiconsum.

lunedì 20 dicembre 2010

Quando 10 minuti in meno valgono 11 milioni di euro di risparmio

Sulla rete ligure viaggiano ogni giorno 266 treni regionali (dati Trenitalia 2009). Se, in prima approssimazione, si velocizzassero di soli 10 minuti ciascuno, il risparmio realizzato sarebbe di oltre 11 milioni di euro.Una tale cifra potrebbe scongiurare buona parte dei tagli e degli aumenti. Vorremmo pertanto che tale possibilità fosse seriamente presa in considerazione da Trenitalia e dalla stessa Regione, che è parte in causa come rappresentante dei cittadini-utenti.

Il 2010 che si sta per concludere vede per il Trasporto Pubblico Locale una preoccupante accelerazione in senso negativo: tagli al servizio su ferro e su gomma, consistenti aumenti tariffari, una minore integrazione tra bus e treni sono gli scenari per l’anno che verrà. Si chiedono ai cittadini sacrifici che però non serviranno a ottenere futuri miglioramenti delle loro condizioni, ma semmai a rendere meno pesanti le conseguenze negative che, ad oggi, paiono ineluttabili.
E’ una prospettiva per nulla entusiasmante, una pesante battuta d’arresto rispetto allo sviluppo della mobilità sostenibile che pure, nel nostro Paese, è molto indietro se solo si pensa alle esperienze di moltissime città e regioni europee.

I motivi per cui siamo giunti a questo punto sono i tagli alle risorse per il trasporto pubblico messi in atto dall’attuale governo. Nel caso delle ferrovie regionali, i tagli sono destinati ad avere un effetto ancora maggiore in virtù del Contratto di servizio recentemente sottoscritto dalla Regione.

Come forse si ricorderà, alcuni mesi orsono è stato siglato il nuovo Contratto di Servizio (CdS) per il quale la Regione si è impegnata a pagare a Trenitalia una cifra ben più consistente rispetto al passato. Particolare importante, Trenitalia è posseduta al 100% dal Ministero del Tesoro, presieduto da Tremonti, lo stesso ministro che oggi impone tagli drastici al trasporto pubblico locale.

Trenitalia ha imposto il suo CdS che conteneva la grande novità del “Catalogo” in base al quale il servizio globale è “spezzettato” in tante voci acquistabili a discrezione delle regioni. Il costo globale dei diversi servizi (biglietterie, informazioni, servizi igienici, ecc.) è ben più elevato rispetto al passato, ma la condizione di monopolio del gruppo FS non consente ovviamente alternative. Il nuovo modello di CdS contiene un’altra “novità”, da sempre avversata dai pendolari e mai molto compresa dalle regioni, almeno in apparenza, dato che l’hanno accettata tutte senza fiatare: la tariffazione oraria dei servizi ferroviari invece che a chilometro.

In base a questa nuova modalità di calcolo del corrispettivo, Trenitalia ha tutto l’interesse che i treni regionali “vadano” lenti, e questo per almeno tre motivi:
  1. allungando le tracce orarie si abbassa l’incidenza dei ritardi e di conseguenza le penali da pagare alla regione. I ritardi vengono inglobati nell’orario e così si elimina il problema alla radice. Peccato che, nonostante le tracce allungate, i ritardi non manchino e le multe continuino a fioccare. E i pendolari impiegano tempi sempre più assurdi per fare gli stessi chilometri e le stesse fermate!
    Un esempio: nel 2004 il treno 11266 che partiva da La Spezia centrale alle ore 6.34 e arrivava a Genova Brignole alle ore 8.00, faceva anche la fermata di Genova Quarto. Nel 2010 lo stesso treno che oggi è il numero 11256 parte da La Spezia C. alle ore 6.27 e arriva a Genova Brignole alle 8.01…ma non fa più la fermata di Genova Quarto! Ben 8 minuti in più pur con una fermata in meno!
  2. allungando le tracce orarie si fa lievitare la cifra che la Regione paga a Trenitalia in base al nuovo CdS. Quanto più i treni vanno piano, tanto più la Regione paga. Un vero controsenso! Tra i parametri per valutare la bontà del servizio, dovrebbe esserci l’impegno a ridurre i tempi di percorrenza, e la penale per eventuali allungamenti!
  3. allungando le tracce orarie del treni regionali, che per il 65% paga la Regione, Trenitalia ha interesse a “invogliare” gli utenti a servirsi degli IC, ossia dei treni generalmente non sovvenzionati dal pubblico (i cosiddetti “servizi a mercato”), guadagnando così due volte. Che i treni regionali viaggino vuoti a Trenitalia non interessa, dato che la copertura economica già l’ha ottenuta dalla Regione. Paradossalmente Trenitalia “regionale” fa concorrenza a Trenitalia “lunga percorrenza” e questo determina una guerra feroce tra le due divisioni, con in mezzo il cittadino che paga (due volte!) e subisce i disservizi.

    Che i mezzi pubblici siano tra loro in concorrenza e non posti a formare sinergie è il vero spreco di denaro pubblico, che va al più presto fermato.

Cosa fare? Sulla rete ligure viaggiano ogni giorno 266 treni regionali (dati Trenitalia 2009). Se, in prima approssimazione, si velocizzassero di soli 10 minuti ciascuno, il risparmio realizzato sarebbe di oltre 11 milioni di euro. Una tale cifra potrebbe scongiurare buona parte dei tagli e degli aumenti. Vorremmo pertanto che tale possibilità fosse seriamente presa in considerazione da Trenitalia e dalla stessa Regione, che è parte in causa come rappresentante dei cittadini-utenti.

Comprimere il più possibile i tempi di percorrenza sarebbe un grande vantaggio per gli utenti, dato che restituirebbe loro tempo prezioso attualmente perso in viaggi inutilmente lunghi.

Invece che un doppio svantaggio (tagli del servizio e aumenti tariffari) si avrebbe un doppio vantaggio (tempi di viaggio ridotti e minori tagli e aumenti): speriamo davvero che la Regione ci rifletta su e che di questo vada a trattare con Trenitalia quando dovrà rinegoziare il CdS in base alle risorse disponibili. Se questo non avverrà, sarà una sconfitta per tutti, per la Regione e per i Pendolari, una sconfitta difficilmente digeribile.

In Europa stanno nascendo città con quartieri senza auto, in Italia governo e regioni stanno invece penalizzando i trasporti pubblici

Mentre molte città europee si apprestano a vivere il futuro, ricercando la qualità della vita in un modello alternativo, l'Italia resta ancorata alla schiavitù delle macchine, con costi diretti e indiretti altissimi per tutti. Fino a quando saremo disposti a spendere una rilevante parte del nostro reddito per finanziare petrolieri, assicuratori e, in primis, l'ufficio delle tasse? Eppure la pubblicità ci vuol convincere che avere un'auto significa essere liberi... è ora di dire che, forse, è vero il contrario!
Da la Repubblica:

A RICORDARLO o raccontarlo oggi c'è da non crederci. Eppure era così. Piazza Navona a Roma, Piazza del Duomo a Milano, Piazza del Plebiscito a Napoli... Trent'anni fa chi si fosse affacciato dalla finestra su una di queste icone del nostro Paese, avrebbe "ammirato" un tappeto di automobili in movimento o parcheggiate. Uno sfregio di lamiera a scenografie antiche, medievali, rinascimentali, barocche, che si ripeteva immutabile nei centri storici di ogni città italiana. Piccola o grande che fosse.

Poi, il 30 dicembre del 1980, la svolta. La giunta comunale di Roma guidata dal sindaco Luigi Petroselli, approvò la norma che avrebbe cambiato profilo al volto urbano del nostro Paese: il nuovo assetto dei Fori Imperiali con il divieto di circolazione delle auto a ridosso del Colosseo. "Partiamo in questa operazione da una situazione di emergenza dovuta ai gas di scarico degli automezzi e alle vibrazioni causate dal traffico", spiegò Petroselli con parole che ancora calzerebbero a pennello per un sindaco dei nostri giorni. Era la prima isola pedonale nella storia d'Italia e da quel giorno, anche se a gran fatica per l'iniziale opposizione delle lobby dei commercianti, la cultura delle aree libere dal traffico si sarebbe diffusa nel resto del Paese. Ultimo tassello in ordine di tempo, la pedonalizzazione nell'ottobre dello scorso anno di Piazza Duomo a Firenze. Un quadro confortante ma che, come vedremo, ci vede in abbondante ritardo sul resto d'Europa, dove ormai non si parla più di isole pedonali ma direttamente di interi quartieri "carfree". Una rivoluzione culturale impensabile per un Paese, come il nostro, dove il 30,8% degli spostamenti motorizzati avviene su tragitti inferiori a due chilometri.

Oggi in Italia - secondo i dati di "La città ai nostri piedi", un rapporto realizzato da Legambiente e Aci (Automobile club d'Italia) in occasione, appunto, del trentennale della prima isola pedonale - ogni 100 abitanti ci sono una media di 34 metri quadrati di zone interdette al traffico motorizzato (Venezia, naturalmente, insieme a Verbania, Cremona e Terni sono i centri in testa alla graduatoria con più di 100 metri quadrati ogni 100 abitanti, mentre in coda troviamo un drappello di città - da Agrigento a Ascoli Piceno, da Caserta a Rovigo - dove le isole pedonali non esistono). Nel complesso, i capoluoghi di provincia che adottano le isole pedonali sono 93, con effetti positivi ormai indiscutibili: riduzione del livello di smog e rumore, aumento degli utenti del trasporto pubblico, migliori tutela dei monumenti e valorizzazione turistica, aumento della vivibilità e della sicurezza sia stradale che generale, rivalutazione del mercato immobiliare. E, soprattutto considerando le iniziali perplessità dei negozianti, l'innalzamento del volume d'affari delle attività commerciali non inferiore al 20%.

Ma i trent'anni di isole pedonali in Italia impallidiscono davanti ai quasi sessanta dell'Olanda, apripista europea con la chiusura al traffico nel 1953 di Lijnbaan, principale distretto commerciale di Rotterdam. Oltre mezzo secolo di cultura del pedone che da qualche anno si è trasformata in qualcosa di diverso e di più ambizioso: la creazione di interi quartieri completamente liberi dal traffico dei mezzi motorizzati.

Come a Vienna, dove c'è l'esperienza consolidata dell'Autofrei Siedlung di Nordmanngasse, un'area residenziale a circa 8 chilometri dal centro servita in modo perfetto dai mezzi pubblici: le circa 600 famiglie che abitano lì, al momento della firma del contratto si sono impegnate a non possedere un'auto propria, scegliendo così per gli spostamenti quotidiani i mezzi pubblici, la bicicletta o i piedi. "Il denaro e lo spazio risparmiato grazie alla mancata costruzione dei parcheggi sottolinea il rapporto di Legambiente possono essere investiti in migliore qualità residenziale, spazi verdi, servizi collettivi".

E dopo Nordmanngasse è già in progettazione una replica, Bike City, con 3.400 persone che hanno già prenotato un appartamento. Tornando in Olanda, anche Amsterdam ha il suo quartiere carfree: GWL Terrein, realizzato negli anni Novanta su un'area di 6 ettari che in precedenza era occupata da un grande impianto di trattamento dell'acqua. A GWL Terrain vivono circa mille persone e tra un edificio e l'altro ci sono soltanto sentieri, piste ciclabili e prati. L'accesso è consentito esclusivamente ai mezzi d'emergenza, mentre per disincentivare l'uso dell'auto i parcheggi edificati a ridosso del quartiere possono contenere non più di 135 mezzi. E' attivo un servizio di car sharing (auto in multiproprietà) utilizzato dal 10% degli abitanti e gli altri preferiscono la vasta rete di piste ciclabili e le linee tramviarie intorno al quartiere.

Dall'Olanda alla Scozia. L'insediamento di Slateford Green, a Edimburgo, è sorto su una zona precedentemente occupata dalla ferrovia: 251 appartamenti senza un solo posto auto privato. Anche in questo caso esistono servizi di trasporto pubblico efficientissimi, il car sharing e scuole facilmente raggiungibili a piedi. Risultato: solo il 12% delle famiglie possiede un'auto, parcheggiabile naturalmente soltanto fuori dal quartiere. Indicativo per l'intero fenomeno delle città carfree, uno studio condotto a Slateford Green dall'Università del Canada ha rivelato che la gran parte dei residenti ha rinunciato all'auto non tanto per una scelta ambientalista o di responsabilità civile, quanto piuttosto per convenienza economica e per necessità.

Rimanendo in Gran Bretagna, anche Londra ha il suo quartiere libero da auto. Si chiama BedZed (BedZed (Beddington Zero Energy Development) ed è autosufficiente dal punto di vista energetico e a bilancio zero in fatto di emissioni di anidrite carbonica. Un centinaio di case, 3000 metri quadrati di uffici, negozi e impianti sportivi, un centro medico-sociale e un asilo nido: per scoraggiare l'uso delle auto, è stato promosso lo shopping online e messo a disposizione degli abitanti un parco di mezzi gestito in car sharing e car pooling (utilizzo della vettura da parte di un minimo di tre persone). Disponibile, inoltre, una piccola flotta di scooter elettrici per gli spostamenti più brevi.

In Germania, a 3 chilometri da Friburgo (città che adottò le isole pedonali già negli anni Settanta), a partire dal 1998 si sta sviluppando quello che potrebbe diventare l'insediamento carfree più grande d'Europa, con circa 6000 abitanti e 2000 edifici. Piste ciclabili, spazio limitato per i posti auto, bus e ferrovia leggera efficienti: uno schema che a Vauban è partito dal basso, ovvero dall'associazione di cittadini "Forum Vauban" che ha partecipato a tutti i progetti di edificazione del quartiere. Tra le idee realizzate, il pagamento di una tassa a parte per chi sceglie di possedere un'auto, con il gettito destinato alla costruzione e alla gestione dei parcheggi. Una zona carfree che in Germania esiste anche a Kronsberg, nel distretto di Hannover, dove si è sfruttata l'occasione dell'Expo del 2000 per minimizzare il fabbisogno di mobilità motorizzata.

E in questo elenco non poteva mancare la Svezia. A Malmö, il nuovo quartiere residenziale di Augustenborg ha puntato esclusivamente su vie pedonali, piste ciclabili e mezzi pubblici. Così, solo il 20% delle famiglie possiede un'automobile, rispetto alla media comunque bassa dell'intera Malmö (35%); l'80% delle strade ha un limite di velocità fissato a 30 chilometri orari; il 40% degli spostamenti casa-lavoro avviene in bici; gli autobus sono alimentati a gas naturale o biogas; la rete dei tram è molto estesa; funziona un servizio di car sharing molto efficiente.

Una rassegna di chimere se si pensa alle città italiane nelle quali probabilmente non basteranno altri trent'anni per approdare ai quartieri carfree. Legambiente e Aci, in un'inedita alleanza tra ambientalisti e automobilisti, provano comunque a guardare avanti con una serie di proposte alle amministrazioni locali e al governo: un'authority nazionale che coordini programmazione e interventi sul territorio; una legge quadro che introduca criteri generali per la realizzazione dei nuovi quartieri nelle città; un'altra norma quadro che fissi criteri uniformi per i provvedimenti di ogni Comune in tema di limiti alla circolazione delle auto; l'introduzione del pedaggio per l'accesso nei centri urbani; investimenti per rendere più efficienti e meno inquinanti i trasporti pubblici locali; pagamento del bollo auto in rapporto ai livelli di emissione e alla dimensione; incentivi al car sharing e al car pooling. La palla, dunque, passa a esecutivo, sindaci e governatori. Intanto le isole pedonali continueranno la loro lotta di resistenza quotidiana contro l'assedio dell'esercito motorizzato.

Guarda le tabelle con i raffronti fra le città italiane e le città europee

mercoledì 15 dicembre 2010

Dossier Pendolaria: 2011 anno difficile per il trasporto pubblico

Il 2011 sarà, con tutta probabilità, l’anno nero del trasporto ferroviario in Italia. Verranno tagliati 154 treni a lunga percorrenza (su 600), mentre, per quanto riguarda il servizio ferroviario pendolare, mancano 800 milioni di Euro rispetto al 2010, ossia il 45 % delle risorse necessarie per garantire un servizio, già in molti casi carente. La conseguenza inevitabile sarà un drastico taglio dei treni in circolazione.

Pendolaria 2010, il dossier di Legambiente che da 5 anni fotografa puntualmente la situazione del trasporto ferroviario regionale e metropolitano in Italia, lancia un forte grido d’allarme per quella che nel 2011 diverrà una vera emergenza: sono moltissimi infatti, i treni e le tratte a rischio soppressione a fronte di forti aumenti dei prezzi per un servizio destinato a peggiorare nonostante la domanda in crescita in tutta la penisola.

I vertici delle Ferrovie dello Stato hanno pochi giorni fa annunciato che verranno tagliati 154 treni a lunga percorrenza (su 600), perché in perdita, a partire dall’anno prossimo. Mentre per quanto riguarda il servizio ferroviario pendolare mancano 800 milioni di Euro rispetto al 2010, ossia il 45% delle risorse necessarie per garantire il servizio, già spesso carente. La conseguenza inevitabile sarà un drastico taglio dei treni in circolazione per i cittadini che ogni giorno scelgono il mezzo di trasporto più sostenibile per recarsi a lavoro, a scuola, all’università. Ma i tagli previsti al servizio pendolare dipendono forse da un calo della domanda? Nulla di più lontano dalla realtà: tra il 2008 e il 2010 il numero di persone che ogni giorno prendono il treno per ragioni di lavoro e di studio è aumentato dell’11,5%, sono 300mila in più, secondo l’aggiornata fotografia del Rapporto Pendolaria 2010 di Legambiente. Complessivamente sono 2milioni e 700 mila le persone che tutte le mattine prendono i treni pendolari in un servizio operato da 22 gestori (in primis Trenitalia). E molti di più sono quelli che complessivamente si muovono verso le grandi e piccole città, 14 milioni complessivamente secondo il Censis, e che in larga parte utilizzano l’auto. Ed è importante sottolineare come il 70% di coloro che utilizzano l’auto si dichiarano disponibili a cambiare e a prendere il treno qualora il servizio fosse competitivo. L’errore, e l’incredibile irresponsabilità delle scelte operate dal Governo, sta sopratutto nell’aver tagliato le risorse e contemporaneamente aver soppresso la norma contenuta nella Finanziaria 2008, che consentiva alle Regioni a partire dal 2011 di trattenere una quota dell’accisa sul gasolio per il servizio ferroviario locale. Ed invece così le ha lasciate da sole a gestire una autentica emergenza.


Il ministero delle Infrastrutture è riuscito infatti ad ottenere ingenti finanziamenti per strade e autostrade tra Legge Obiettivo e Expo di Milano, nonostante il trasporto su gomma sia responsabile di oltre il 20% delle emissioni di CO2 prodotte nel nostro Paese, con una tendenza in costante crescita. Per quanto riguarda strade e autostrade, attraverso la Legge Obiettivo, sono stati finanziati complessivamente interventi dal 2002 ad oggi per oltre 35 miliardi di Euro. I Governi che si sono succeduti in questi anni hanno premiato per il 70% gli investimenti in strade e autostrade, a scapito delle reti metropolitane (16% del totale), e soprattutto delle linee ferroviarie, con il solo 13,7% degli investimenti totali. L’Italia è l’unico Paese in Europa che finanzia strade e autostrade con risorse pubbliche che sono doppie rispetto a quelle per previste per le ferrovie nazionali e regionali. Ed è questa la ragione per cui il servizio ferroviario pendolare in Italia ha standard così distanti dal resto dei Paesi europei. Analizzando le risorse da reperire (quindi ancora indisponibili), il discorso non cambia: manca il 61% dei fondi per le ferrovie a fronte del 30% che mancano per le strade.

Ma anche le Regioni (cui la Riforma Bassanini ha trasferito i poteri in materia di servizio ferroviario locale) continuano a privilegiare la strada a danno della ferrovia, sia in termini di spesa per le infrastrutture che per le risorse assegnate al servizio ferroviario pendolare.

“Secondo la fotografia scattata dal dossier Pendolaria 2010, Trenitalia in Puglia riceveva 60 mln di euro dallo Stato nel 2010, mentre nel 2011 si prospetta una riduzione del 43,8% per un totale di 33,7 mln da investire nel trasporto ferroviario. -dichiara Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia- Di fronte a una situazione di questo tipo le Regioni sono chiamate a una prova di maturità e responsabilità. La Puglia sta dimostrando comportamenti virtuosi, infatti, per quanto riguarda la spesa regionale per le infrastrutture, dal 2003 al 2010 sono stati erogati dalla Regione 13,63 mln di euro per le strade e 20 mln per le ferrovie. ”

La Puglia vanta 1.522 km di estensione della rete ferroviaria, con 104.100 pendolari quotidiani e 65.100 abbonati tra i vari gestori Trenitalia, Ferrovie del Sud Est, Ferrovie del Gargano, Ferrovie Appulo Lucane e Ferrotramviaria. Per quanto riguarda gli investimenti per il materiale rotabile, considerando sia gli stanziamenti provenienti dal bilancio delle Regioni che quelli che derivano dai Fondi europei FAS nel periodo 2001-2010, la Puglia è tra i primi posti con circa 220 mln di Euro spesi per l’acquisto di nuovi treni per i vari gestori presenti nella regione e con un notevole investimento effettuato nell’ultimo anno.

Tra le Regioni a Statuto ordinario quella ad aver stanziato più risorse per il solo anno 2010 è la Campania con lo 0,64% del proprio bilancio, grazie soprattutto ad uno stanziamento pari a 77 milioni di Euro per acquistare nuovi treni e per il restyling di quelli esistenti. Un risultato in crescita è quello della Puglia che con 60 milioni di Euro per il finanziamento di nuovi treni per le Ferrovie del Sud Est (FSE) e Ferrovie Appulo Lucane (FAL) porta la propria spesa sul bilancio allo 0,61% dl bilancio. Due Regioni meridionali, ma le uniche con politiche di tipo europeo.

Quali sono i problemi che i pendolari incontrano ogni mattina? Il primo riguarda le grandi aree urbane, dove si concentra larga parte della domanda pendolare: Milano e Roma in primo luogo, Torino, Genova, Bologna, il quadrilatero Veneto (Treviso, Padova, Vicenza, Mestre), Firenze, Napoli, e con minore intensità Bari, Reggio Calabria e Palermo. Ed è una domanda per spostamenti di breve distanza (24 km è lo spostamento medio) e concentrati in alcune ore della giornata (dalle 6:00 alle 9:00 e dalle 17:00 alle 19:00).

Il secondo è un problema antico almeno quanto i 150 anni dall’Unità d’Italia, ossia il ritardo del Mezzogiorno, dove i tempi di percorrenza, l’età e qualità dei treni in circolazione, il degrado delle stazioni sono tali da rendere proibitivo fare il pendolare senza disporre di un automobile.

Il terzo sono i collegamenti “secondari”, quelli garantiti da Intercity, Espressi, Diretti che avrebbero bisogno di treni nuovi e più veloci, a orari cadenzati. Dal monitoraggio effettuato dai volontari di Legambiente su alcune linee ferroviarie pugliesi, emerge un quadro spiacevole. Il tratto Foggia-Trani-Bari soffre di croniche insufficienze di posti a sedere, con il 40% dei viaggiatori che rimane in piedi nella fascia oraria 8 – 8:30,mentre, un altro problema lamentato da molti pendolari è l’improvvisa ed immotivata soppressione di alcuni convogli.

Scendendo nel dettaglio dei nodi urbani, nel nodo di Bari sono in corso diversi interventi di potenziamento delle linee e interramento dei binari, di soppressione dei passaggi a livello che potrebbero migliorare sensibilmente la situazione. Al momento chi utilizza il treno quotidianamente sconta l’assenza di linee ferroviarie dedicate al trasporto pendolare, con treni lenti e spesso vecchi. In particolare il riassetto del nodo ferroviario di Bari prevede come interventi fondamentali l’interramento dei binari tra Palese e Santo Spirito, il potenziamento della tratta Bari Centrale-Bari S.Giorgio ed il raddoppio dei binari tra Bari S.Andrea e Bitetto. Un positivo aggiornamento è quello della realizzazione della variante passeggeri tra le stazioni di Bari S.Andrea e Bari Centrale. Il progetto nel suo complesso prevede la messa in opera di un servizio metropolitano su ferro che include il collegamento del capoluogo con l’aeroporto ed in generale con le località dell’hinterland barese; purtroppo il panorama ferroviario barese vede coinvolti quattro diversi gestori (Trenitalia, Ferrovie del Sud-Est, Ferrotramviaria e Ferrovie Appulo-Lucane) ed il servizio non può definirsi propriamente suburbano in quanto le linee non sono integrate tra loro, non è attivo l’orario cadenzato e le corse non sono ancora frequenti. Il progetto sarà effettivamente utile ed in linea con altri sistemi di ferrovie suburbane solo quando sarà attuata l’integrazione tariffaria, il raddoppio di tutte le linee a singolo binario, l’elettrificazione delle stesse e l’incremento del numero di fermate.

Una “grande opera” da realizzare è il prolungamento dell’Alta Velocità tra Napoli e Bari. Due tra le principali città del Sud, infatti, non hanno un treno diretto che le unisce. “Legambiente considera il rafforzamento dei collegamenti ferroviari tra le due principali città del Mezzogiorno ossia Bari e Napoli una priorità nazionale. –continua Tarantini- Nel 2007 ci siamo fatti promotori di un Comitato Si TAV Bari-Napoli con l’obiettivo di alleare interessi territoriali, economici e ambientali per realizzare un’opera che migliorerà la qualità dello sviluppo, restituirà dignità agli spostamenti in ferrovia e valorizzerà il sistema delle città e dei porti del mediterraneo come grande patrimonio culturale, sociale e ambientale”. Oltre al cambio obbligato a Caserta, i tempi di percorrenza minimi su una linea “storica” risultano essere elevatissimi: almeno 4 ore, ma si arriva a collegamenti anche di 5 ore e 20 minuti. Una delle cause dell’arretratezza di questa linea, fondamentale per il trasporto di persone e merci (tra due porti e interporti di grande importanza), è la presenza di un solo binario ad eccezione dei tratti Vitulano-Benevento-Apice e Cervaro-Foggia. Una linea finalmente potenziata permetterebbe di mettere in connessione la Puglia con la direttrice dell’Alta Velocità verso Nord, oltre che l’incremento dei collegamenti ferroviari interni alle due Regioni con benefici sensibili sui tempi di percorrenza anche dei pendolari. Tra Taranto e Roma fino a poco tempo fa esistevano Eurostar diretti che impiegavano 4 ore, oggi è obbligatorio un cambio a Napoli, Bari o Salerno con un totale di 6 ore di tragitto.

Nella nostra regione, esistono diversi buoni esempi di recupero e valorizzazione del patrimonio ferroviario esistente. Dal mese di dicembre dello scorso anno è stato avviato il servizio ferroviario del Consorzio Acquario, costituito da Trenitalia e Ferrotramviaria. I collegamenti effettuati riguardano le linee Bari-Lecce e Andria-Bari, tratte molto frequentate dai pendolari pugliesi, sui quali vengono utilizzati nuovissimi treni FLIRT con una capienza di 216 posti a sedere e livelli di comfort elevati. Oltre alla modernità dei convogli un grande vantaggio per i viaggiatori è quello della possibilità di utilizzare i biglietti e gli abbonamenti in vigore sugli altri treni della linea. Sulla Bari-Lecce i vantaggi sono relativi anche al tempo di percorrenza, di circa 1 ora e 30 minuti, agli orari che sposano le esigenze dei pendolari ed alle importanti fermate intermedie quali Monopoli, Fasano, Ostuni e Brindisi. Tutto questo ha già mostrato i primi importanti risultati vantando 30.000 viaggiatori al mese di media sulle due direttrici.

Un esempio di recupero di vecchie infrastrutture ferroviarie non più utilizzate è da segnalare nella tratta ferroviaria di 19 km Foggia-Lucera che nel luglio 2009, dopo 42 anni, è stata riattivata e oggi viene gestita dalle Ferrovie del Gargano. Il materiale rotabile utilizzato è di ultima generazione, con una capacità di 300 passeggeri, e collega in circa 15 minuti i due Comuni interessati con 56 corse giornaliere. Gli aspetti positivi riguardano anche il sistema di tariffazione che permette l’utilizzo di un unico biglietto sia per il treno sia per gli autobus provenienti dai Comuni limitrofi e l’orario cadenzato, un treno ogni 30 minuti, e di facile memorizzazione.

Anche la possibilità di trasportare le biciclette sui treni consente a molti cittadini di muoversi con più libertà e integrare il mezzo di trasporto pubblico con uno privato e “ecologico”, rendendo possibile forme di pendolarismo ancor più efficaci e fornendo una valida alternativa a tutti quegli spostamenti di breve durata che costituiscono una grossa parte degli spostamenti nei centri urbani. Un esempio positivo è quello del trasporto gratuito della bicicletta sui treni regionali nella Regione Puglia. Partito nel 2007, la sua importanza è resa ancor più valida dall’adesione di tutte le ferrovie regionali: Trenitalia, Ferrovie del Gargano, Ferrovie Sud Est, Ferrovie Appulo Lucane e Ferrotramviaria. L’abolizione del “supplemento bici” (di 3,50 Euro) è stata possibile grazie all’intervento diretto della Regione ed ha come obiettivo principale quello di incentivare la mobilità sostenibile. Questo passo ha portato nell’acquisto di nuovi treni a prevedere appositi spazi liberi e attrezzati, ma anche l’adeguamento di numerose stazioni con scivoli dedicati alle bici, ascensori ed informazioni sui treni e le carrozze che prevedono il trasporto bici+treno. Si tratta di un modello da esportare almeno in tutte quelle zone del nostro Paese dove l’uso della bici è sicuramente più frequente che in altre, basti pensare alle Regioni della Pianura Padana, ma dove l’intermodalità viene spesso scoraggiata anziché promossa.

“Alti e bassi nel trasporto ferroviario, ma uno scenario positivo per i pendolari è possibile, se il tema entra nell’agenda delle politiche nazionali e locali. –conclude Tarantini- Occorre puntare a far crescere il trasporto ferroviario in modo da aumentare il numero di pendolari e ridurre le emissioni di CO2 prodotte dal trasporto su gomma, soprattutto nei grandi centri. Ai pendolari non interessa chi sia a gestire il servizio e a chi si debba imputare la colpa delle esigue risorse, l’importante è che ci siano più treni e investimenti per nuove carrozze, che siano rispettati gli orari e si possa contare su un unico abbonamento o biglietto. Insomma, occorre adeguare il servizio agli standard di qualsiasi città europea”.

Queste le priorità secondo Legambiente per rilanciare il trasporto pendolare: Bisogna chiamare il Governo e le Regioni alle proprie responsabilità. Occorre istituire un fondo nazionale per il trasporto locale, finanziato con i proventi di parte dell’accisa sui carburanti. Perché il trasporto pendolare è una componente fondamentale delle politiche nazionali dei trasporti e dunque si deve individuare un meccanismo di finanziamento certo per far crescere l’offerta di treni progressivamente nel tempo. E in quest’ambito si potrà affrontare il tema del costo di biglietti e abbonamenti, oggi adeguato a un servizio mediocre ma assai distante da quanto si paga oltre confine dove la qualità è molto migliore ma il costo degli abbonamenti è ovunque 3-4 volte superiore. Servono nuovi treni per i pendolari. L’affollamento dei convogli è sempre più spesso causa dei ritardi (per la difficoltà di accesso alle carrozze e di chiusura delle porte); occorre spostare nei nodi urbani la voce maggioritaria della spesa per infrastrutture. Almeno il 50% della spesa nazionale per le opere pubbliche deve andare alla realizzazione di nuove linee di metropolitane e del servizio ferroviario pendolare, di tram. Sulla restante parte la priorità deve andare, come in tutti gli altri Paesi europei alla ferrovia. Curare maggiormente la qualità del servizio utilizzando lo stesso tipo di attenzioni che si è messo in questi mesi sull’offerta di nuovi treni ad Alta Velocità e rafforzando l’attenzione per la pulizia delle carrozze e delle stazioni. Legare le politiche dei trasporti e urbanistiche nelle aree urbane. Alla base delle esperienze di maggiore successo di integrazione tra linee di trasporto ferroviario regionale e metropolitano con il trasporto pubblico locale nelle città europee è la forte condivisione di obiettivi e strategie tra i diversi Enti Locali e una attenta integrazione delle politiche urbanistiche e dei trasporti.

mercoledì 8 dicembre 2010

Nuovo orario: dal 13 dicembre tagliati treni per l’Emilia e per la Lombardia. Suspence sui tagli che partiranno da febbraio. Confermati gli aumenti.

Nuovo orario: dal 13 dicembre tagliati treni per l’Emilia e per la Lombardia. Suspence sui tagli che partiranno da febbraio. Confermati invece gli aumenti su biglietti (+30%) e abbonamenti (+20%).

Poche le novità nella riunione che si è svolta lo scorso lunedì 6 dicembre presso la Regione Liguria. L’Ass. Vesco e i rappresentanti di Trenitalia e RFI hanno incontrato le associazioni di Pendolari e dei Consumatori per comunicare gli ultimi sviluppi della delicata trattativa in corso circa la questione dei tagli al servizio di trasporto ferroviario dovuti alla manovra finanziaria che ha “scippato” alla Liguria ben 63 milioni di euro.

Le comunicazioni di Vesco
Vesco ha informato i presenti che, grazie al completamento dei lavori nella galleria di Ronco, i collegamenti con Milano riavranno i tempi di percorrenza precedenti all’inizio dei cantieri. Questo riguarderà tuttavia, per ora, solo i treni IC poiché permangono cantieri nella galleria Borlasca.

E' stata nuovamente confermata la velocizzazione di 40 minuti dell’11378 Genova - Ventimiglia.

Cambio orario
Le modifiche riguardano sostanzialmente le tratte Arquata S. – Genova Brignole, Genova Brignole – Milano e Milano – Albenga, con qualche piccola variante anche sulla riviera di Levante. Buona parte sono dovute, come ricordato, al ripristino delle tracce orarie dovuto alla fine dei cantieri nella galleria di Ronco.

Circa i tagli, invece, a sorpresa l’Ass. Vesco non si pronuncia, dicendo che sono ancora in corso di studio e di definizione. Confermata l’inesattezza della previsione circa la soppressione di un treno pomeridiano Genova – Arquata che lungi dal trasportare poche persone è sempre molto frequentato dai pendolari. Vesco è consapevole di trattare un argomento delicato, che da diverse settimane ormai agita il mondo delle ferrovie liguri, in un crescendo di sussurri e grida. Stiamo facendo del nostro meglio – afferma Vesco – per provocare un impatto che sia il minore possibile sull’utenza. Ne siamo certi, anche se le bozze circa i futuri tagli non si vedono.

Vesco ci informa che nell’ultimo incontro del Tavolo delle Regioni è stato sottoscritto un documento che individua tre priorità:
  • L’impegno per una maggiore razionalizzazione ed efficienza delle aziende di trasporto, a carico delle aziende stesse e non inferiore al 2% (assorbito dalle aziende - ma saranno d'accordo? E in che modo lo effettueranno?).
  • L’impegno a non penalizzare il servizio (quindi aumento del 30% delle tariffe come minimo – l’Umbria ha già introdotto un aumento del 50%).
  • La riduzione del servizio del 15%, complessivo tra ferro e gomma. (Noi dovremmo essere al di sotto di questa percentuale).

Con il prossimo cambio orario si avranno già alcuni tagli (sulle linee Bologna e Milano) legati alla manovra. Questo è avvenuto anche a causa dell’indifferenza delle due regioni, Emilia-Romagna e Lombardia, che hanno mostrato un grande disinteresse a contribuire al mantenimento degli interregionali.

Gli ulteriori tagli dovrebbero partire dal 1 di febbraio e alcune fermate dei treni soppressi verranno riattribuite ai treni rimanenti, allungando quindi le relative tracce.

Questo per quel che riguarda la parte “illustrativa”. Nel successivo dibattito abbiamo osservato come la nuova dicitura “Treno Veloce” sia in taluni casi fuorviante, potendosi forse prefigurare gli estremi della pubblicità ingannevole. Il dott. Pagani (Direttore Regionale Trenitalia), pur convenendo con noi sulla inopportunità di introdurre una tale (fittizia) categoria, ha risposto che trattasi di un brand riguardante i treni che superano i 55 km (!!!) di velocità media. Che sia una trovata del Sommo Ingegnere? Viene da pensarlo, dato che ci confermano essere una scelta calata direttamente da Roma.

Velocizzazione delle tratte
Parlando di velocizzazione, abbiamo ribadito il nostro apprezzamento per quella effettuata sul treno Genova-Ventimiglia, auspicando che altri convogli possano subire la stessa velocizzazione, anche su altre direttrici. Stiamo quindi compilando un elenco di treni da sottoporre alla Regione e a Trenitalia – RFI per valutare i costi e la fattibilità tecnica della cosa. Ben vengano dunque suggerimenti e richieste da aggiungere a questo elenco che consegneremo con l’anno nuovo.

Tempi di percorrenza
Anche in questa occasione non abbiamo mancato di chiedere direttamente al Direttore Pagani chiarimenti in merito alla diminuzione dei tempi di percorrenza, lamentando l’eccessiva generosità delle tracce liguri. Com’era prevedibile ha in un primo tempo addotto le tante difficoltà della creazione di un orario dove spesso i treni veloci si “sovrappongono” a quelli lenti, ammettendo tuttavia la possibilità di ottenere tracce più veloci per i regionali. Vesco dal canto suo si è detto disponibile ad avviare, come da noi richiesto, un audit fatto da un soggetto terzo, quindi indipendente, in grado di certificare la congruità delle tracce assegnate da RFI ai treni regionali.
E’ vero che questo perverso metodo di calcolo ci è stato imposto da Trenitalia, non solo a noi ma a tutte le regioni, ma questo è un motivo di più per portare la questione ad un livello più alto, direttamente al tavolo nazionale delle regioni, per chiedere la revisione del contratto di servizio su questo punto davvero cruciale, tornando a calcolare i corrispettivi in base ai km percorsi e non in base alla lunghezza delle tracce orarie.

Integrazione bus-treno
Ad oggi l’abbonamento integrato bus-treno non esiste più, Trenitalia ha comunicato la disdetta. Gli enti sono al lavoro per ridefinire le tariffe e anche sul fronte della gomma si sta pensando di introdurre aumenti piuttosto rilevanti, differenziando l’uso “semplice” dei mezzi da quello che prevede l’integrazione ferro-gomma. In pratica un biglietto del bus genovese dovrebbe salire a 1,5 euro mentre un biglietto “integrato” costerebbe 2 euro.

In conclusione, paiono profilarsi tempi molto duri per chi utilizza i mezzi pubblici, i tagli sono davvero pesanti e sono stati vani quasi tutti i tentativi di reperire risorse aggiuntive. In questa situazione, appare urgente tentare di porre in essere tutti i tentativi per ridurre al massimo l’impatto che la manovra finanziaria avrà su un settore vitale per l’ambiente, l’economia e le tasche dei cittadini, sempre più stretti tra la penuria di risorse proprie e la diminuzione dei servizi pubblici.

martedì 7 dicembre 2010

lunghezza treni

Sono conscio di non essere un tecnico del settore e probabilmente sto per sparare una cavolata.
Ma invece di abolire i treni considerati poco frequentati, perchè non ridurre anche ad una carrozza i convogli?
Quanto si risparmierebbe? Nelle tratte ancor più sfortunate di quella ligure si vedono spesso trenini a due carrozze. Perchè qui non è possibile introdurli?

sabato 4 dicembre 2010

Nuovo orario invernale: diminuiscono alcuni tempi di percorrenza, ma occorre rivederli su tutte le linee

Dalle anticipazioni del nuovo orario invernale vengono le prime conferme alle nostre richieste di diminuire i tempi di percorrenza, che non solo sono fattibili, ma altamente auspicabili per ridurre i costi del trasporto regionale e permettere una revisione del contratto di servizio che non penalizzi eccessivamente le linee con forti tagli e aumenti delle tariffe.

Abbiamo potuto vedere pubblicate sulla stampa alcune anticipazioni circa il nuovo orario in vigore dal 13 dicembre p.v. e possiamo già trarre alcune considerazioni:
Sono confermati i primi tagli di convogli sulle direttrici Genova-Milano e Genova-Bologna. Andare fuori della Liguria è sempre più difficile e costoso, e se prima per Bologna vi erano linee dirette ora sarà necessario cambiare treno e spendere molto di più. La riviera di Levante in particolare perde un altro collegamento con l’Emilia con ricadute negative anche dal punto di vista del turismo.

L’introduzione della nuova categoria di treni “regionali veloci” ha il sapore di una ennesima trovata di marketing in quanto la “velocizzazione” è nella maggior parte dei casi una riduzione del tempo di percorrenza di pochi minuti, ma vi sono anche dei “regionali veloci” che aumentano il tempo di percorrenza.

L’unico treno davvero velocizzato è quello, annunciato, tra Genova e Ventimiglia delle 14.53, che “dimagrisce” di ben 40 minuti dovuti alla “perdita” delle fermate urbane su Genova che verranno effettuate da un treno metropolitano pagato con i soldi delle sanzioni a Trenitalia (quindi a costo zero per Trenitalia).


Analizzando le varie linee, si nota come sui treni individuati sulla direttrice Genova-Milano vi sia complessivamente una riduzione dei tempi di percorrenza, seppure contenuta, che va da 2 a 13 minuti. Non manca tuttavia un treno (il 1842 pur definito “regionale veloce”) che vede aumentare di 10 minuti il tempo di percorrenza.

Sulla direttrice Genova-Torino notiamo, sui treni riportati nella tabella, un analoga tendenza alla riduzione dei tempi di percorrenza che va da 1 a 16 minuti, anche se non mancano allungamenti tra i due e tre minuti.

Sulla direttrice Genova-Ventimiglia notiamo che sostanzialmente la tendenza è quella di mantenere la situazione attuale, eccettuato solo il treno 11380 come abbiamo visto.

Sulla direttrice Genova-La Spezia invece la tendenza è quella all’aumento dei tempi di percorrenza, anche di 15 minuti nel caso dell’11385, e di 7 minuti nel caso del 2181.

Si noti che questo elenco è del tutto parziale per cui non sappiamo in concreto cosa ci potremo attendere nei prossimi giorni.

Possiamo tuttavia tirare alcune conclusioni:
Diminuire i tempi di percorrenza è possibile. Aggiungiamo che ciò, attuato con sistematicità, farebbe risparmiare moltissimo la Regione. La riduzione dei tempi di percorrenza potrebbe determinare importanti riduzioni di costo. Dei 143 Mln euro di costi per il servizio, si calcola che 120 Mln sono proporzionali al tempo di percorrenza.

Per questo è necessario determinare al più presto questi costi dovuti all’eccessiva “larghezza” delle tracce orarie e rinegoziare il Contratto di Servizio per diminuire l’importo dello stesso, dato che con l’introduzione del famoso “Catalogo” voluto da Trenitalia, oggi i treni non si pagano più in base ai km effettuati, ma in base al tempo “trascorso” sui binari.

La tratta La Spezia-Genova è la sola che non ha avuto alcun beneficio ed è per questo che si impone una revisione dei tempi di percorrenza che porti delle riduzioni anche su questa linea. E’ chiaro che, essendo una linea “appetibile” dal punto di vista commerciale, Trenitalia tenda a far “travasare” l’utenza sui più costosi Intercity ed Eurostar, potendo in ogni caso contare sui contratti di servizio in essere con la Regione Liguria, che si è già impegnata a pagare una certa tariffa, senza porre alcuna condizione sul numero di passeggeri effettivamente trasportati sui regionali: paradossalmente, quindi, Trenitalia ha interesse a scoraggiare l’uso dei regionali (già pagati dalla Regione) per caricare i propri IC a costi ben più alti per gli utenti e per la Regione (che paga in gran parte la carta Tutto Treno).


Quindi, un migliore funzionamento dei regionali si tradurrebbe automaticamente non in un aumento della spesa per la Regione, ma in una netta diminuzione, e su questo chiediamo all’ass. Vesco di impegnarsi in occasione della revisione del CdS.

Condividi