mercoledì 27 luglio 2011

I pendolari savonesi: Trenitalia li manda tutti sul treno…che non c’è

Ai pendolari savonesi che lottano e firmano petizioni alla Regione Liguria perché il loro treno non sia cancellato in agosto, il Direttore Regionale Trenitalia, Enrico Melloni, risponde (su alcune testate web) che “Se ad esempio il treno Savona-Genova delle 6,28 sarà cancellato ce ne sarà un altro alle 6,33. Impiegherà più tempo perché si ferma in tutte le stazioni, ma comunque è disponibile, come disponibile sarà anche il treno IC delle 6,56, che in mezz’ora porta a Genova”.

Rispetto a queste affermazioni, sempre che esprimano correttamente il pensiero di Melloni, non vogliamo fare inutili polemiche, ma riteniamo corretto fare alcune precisazioni anche perché i fatti parlano chiaro:

Situazione prevista a luglio 2011:














Situazione prevista ad agosto 2011:











Come si evince dalle due tabelle, la soppressione del treno 6027 comporta le seguenti alternative:


  • Si prende il R 2041 (= partenza 27 minuti prima, e il tempo di percorrenza lievita di 20 minuti)


  • Si prende l’IC 655 (= partenza anticipata 11 minuti, maggiore spesa economica, necessità di cambio a Principe con bus che però, per chi va a Brignole, significa un aumento complessivo del tempo di viaggio di circa 20 minuti, a dir poco)


  • Si prende il R11245 che però ferma a tutte le stazioni e arriva a Brignole alle 7.41 (= 16 minuti più tardi) ed in più, dicono i pendolari, è molto spesso in ritardo


  • Si prende il “RV” delle 6.55 che però arriva a Principe alle 7.44, quindi stesso discorso fatto per l’IC, ma in compenso siamo già parecchio più in là con l’orario


E dell’IC delle 6.56 citato da Melloni “che in mezz’ora ti porta a Genova (ma a Principe o a Brignole? Per un pendolare non è la stessa cosa, né come tempi, né come costi), noi non ne abbiamo trovato traccia sul sito di Trenitalia, né a luglio, né in agosto! L’unico IC che abbiamo visto sul sito è quello che avevano citato i pendolari, ossia il 655 che peraltro arriva solo a Principe con grave disagio di chi va a Brignole. Non sarà che l’ottimo Melloni ha già trasformato nella sua mente il RV delle 6.55 in IC, con relativo aumento del prezzo del biglietto? Speriamo di no, ovviamente, anche perché il RV in oggetto non ci impiega mezz’ora (per andare da Savona a Genova Principe), ma ben 49 minuti!

Tra l’altro, sottolineiamo la difficoltà di consultazione del sito Trenitalia, che non riporta con una unica videata tutti i collegamenti disponibili tra Savona e Genova Brignole: se si fa la ricerca tra queste due stazioni, gli IC e i RV che si attestano a Genova Principe non compaiono del tutto, neppure per dirti che puoi cambiare in stazione…sarà forse che i tempi di attesa sono talmente lunghi che pensano non ne valga la pena?

Invitiamo l’ing. Melloni e anche l’Ass. Vesco a mettersi davvero nei panni di questi lavoratori che devono arrivare a Brignole entro le 7.30 per prendere servizio entro le 8.00. Il R11245 arriva a Brignole (da orario) alle 7.41, ma se calcoliamo anche il tempo per scendere, andare a prendere un bus e arrivare al lavoro, il tempo non basta più per arrivare in orario. Inoltre, il R6207 impiega 57 minuti ad arrivare a Brignole ed è al 98% sempre puntuale; il R11245 impiega un'ora e 8 minuti, facendo tutte le 12 fermate intermedie tra Savona e Ge Brignole e non è quasi mai in orario, accumula ritardo strada facendo.

I pendolari ribadiscono che saranno costretti a prendere l’IC 655 o il R2041 che impiega 1 ora e 16 minuti (con sosta di almeno 5 o 6 minuti a Cogoleto per dare precedenza all'intercity 655).

Quello che stupisce è anche l’affermazione fatta dal Direttore Regionale che evoca l’esistenza di un velocissimo IC (mezz’ora tra Savona e Genova!), che, ad oggi, non è previsto perché non compare sul sito di Trenitalia.

Riassumendo, tempi di viaggio più lunghi, costi maggiorati, maggiori disagi per chi lavora ad agosto e magari offre un servizio pubblico: ci sembra un bilancio pesante da sopportare.

Per concludere con una proposta concreta, chiediamo di lasciare l’attuale treno delle 6.28 o, almeno, di prolungare l’IC 655 fino a Brignole, permettendo ai pendolari della tratta savonese di salirvi sopra senza sovrapprezzi, per coloro che hanno un abbonamento annuale.

Ad oggi, le risposte ricevute sono, nel migliore dei casi, superficiali e per questo chiediamo alla Regione di farsi garante dei suoi cittadini e di tutelare il diritto al trasporto di tutti i pendolari, nessuno escluso.

sabato 23 luglio 2011

Tagli ai treni nel mese di agosto: i pendolari savonesi non ci stanno e firmano una petizione alla Regione Liguria

Quest’anno agosto non sarà solo il mese delle vacanze, per chi ci va, ma sarà anche purtroppo il mese dei disagi per chi vuole muoversi utilizzando il trasporto pubblico: i più penalizzati saranno di certo i genovesi, che tra tagli delle linee AMT e tagli dei treni metropolitani (circa 50!) dovranno rassegnarsi a stare a casa o, in alternativa, affrontare l’ingorgone e le relative spese (e tutto questo dopo aver magari già pagato un abbonamento annuo!).Gli amici genovesi non sono però i soli a dover subire tagli e disagi: anche per chi va a Milano si prospettano tagli ai collegamenti, così come per chi viaggia sulle tratte liguri rivierasche di levante e di ponente.

Segnaliamo, a tal proposito, l’iniziativa di un folto gruppo di pendolari savonesi, che si sono visti cancellare il loro treno del mattino. Hanno così raccolto circa 200 firme per chiedere che la Regione e la Provincia di Savona si adoperino per mantenere il Treno Regionale R6207 con partenza da Savona alle ore 6,28. Un treno che, come si può capire, viaggia in un orario tipicamente utile a chi si reca a Genova per lavoro.

Il Coordinamento dei Pendolari Liguri si unisce con forza alla loro richiesta. Non tutti i pendolari sono in ferie ad agosto! Il treno 6207 permette di raggiungere abbastanza rapidamente ed entro le 7.30 (esclusi imprevisti) la Stazione di Genova Brignole, ma esso è compreso nella famosa “black list” della Regione e quindi verrebbe soppresso dal 1 al 28 agosto 2011. Unica alternativa per chi parte da Savona rimane il treno IC 655 delle 6.17 che prevede il supplemento e cambio nella stazione di Ge P.P. con notevoli disagi economici e di allungamento dei tempi di percorrenza.

Molti di questi pendolari devono prendere servizio entro le ore 8.00, giungere quindi a Brignole entro le 7.30 è dunque per essi necessario. Abbiamo detto molte volte come i pendolari organizzino la loro vita anche in funzione della disponibilità di trasporto e scelgono di acquistare un abbonamento, anche annuale, sulla base dell’offerta di treni presente in quel momento. Appare dunque scorretto togliere loro, da un giorno all'altro, quella disponibilità sulla quale essi contavano costringendoli a sconvolgere, anche pesantemente, la propria vita e a sborsare anche più soldi per ottenere un servizio peggiore.

Registriamo anche come la scelta di tagliare questo treno si sia rivelata del tutto sbagliata, se è vero che, come spesso viene detto, si tagliano i treni poco frequentati. Qui ci troviamo di fronte ad un treno che porta centinaia di persone. Non possiamo non chiederci su quali dati reali si siano basati per scegliere i treni da tagliare (decisione già pessima di per sé, ancora più devastante se fatta superficialmente).

Ma è possibile, dicono gli amici di Savona, doversi alzare magari un’ora prima e impiegare forse 3 ore invece delle 2 attuali per percorrere 46 chilometri e arrivare in tempo al lavoro? Molti devono garantire un servizio al pubblico, e grazie che lavorino di agosto! O preferiamo gli sportelli chiusi e tanti saluti?E ancora, non hanno già abbastanza disagi i pendolari? Ora si dirà che anche avere un treno in orario decente è un lusso? Ma dove stiamo precipitando?

Già nel 2006, quando analoga decisione intendeva sopprimere sia il regionale R11251 che il regionale R6207, fu presa una analoga iniziativa e in quell’occasione le richieste dei pendolari vennero accolte. Confidiamo che lo saranno anche in questa occasione, per questo ci uniamo alla richiesta fatta dagli amici savonesi alla Regione Liguria.

mercoledì 20 luglio 2011

Tagli al trasporto pubblico: Il Governo ha gravi colpe, ma la Regione Liguria non può privare i cittadini di una mobilità sostenibile

WWF Liguria, Abbonati GenovaMilano, Coordinamento dei Pendolari Liguri, Pendolari del Ponente Ligure


Dopo i primi tagli a diversi treni nel dicembre 2010, i consistenti aumenti tariffari decisi per AMT dal Comune di Genova, l’aumento delle tariffe ferroviarie regionali fra il 15 e il 25%, il taglio a febbraio di ben 69 treni da parte della Regione, i tagli di ATP, i successivi ulteriori tagli a partire da giugno al servizio ferroviario ed al servizio AMT, si apprende ufficialmente dalla regione che a partire da agosto altri ulteriori consistenti tagli – ben 53 treni - verranno effettuati al servizio ferroviario, di cui alcuni solo per il mese di agosto, altri definitivi.

La Regione Liguria attribuisce la colpa di tutto ciò al mancato arrivo di quei famosi 50 milioni che dovevano ritornare dallo stato per il trasporto pubblico. Essendo questo stanziamento legge dello stato ci sorprende scoprire che essi non arriveranno. Se ciò corrispondesse a realtà, sarebbe una responsabilità da parte del governo centrale piuttosto rimarchevole.

Ma le notizie più volte apprese attraverso gli organi di informazione lasciano supporre che l’intendimento della Giunta regionale sia in ogni caso quello di non destinare la quota parte che spetterebbe di diritto ai trasporti (si parla di 20 milioni) ai trasporti stessi. Se così fosse, le responsabilità delle Regione non sarebbero minori di quelle del Governo.

Noi non possiamo che ribadire ancora una volta che quelle risorse sono destinate dallo Stato per il trasporto pubblico ed al trasporto pubblico debbano andare.
Non possiamo che ribadire che il trasporto pubblico è una priorità per la Liguria e ci chiediamo perché la Regione sembri non comprendere questo.
La Liguria è una delle regioni che spende meno in rapporto al bilancio per il TPL, nonostante vi sia un grande numero di utilizzatori. Le ristrettezze del territorio dovrebbero indurre a scelte di investimenti che favoriscano il trasporto pubblico, perché ha un impatto minore sul territorio, è complessivamente più economico per i cittadini, ha un'incidenza enormemente più bassa del trasporto privato motorizzato nella produzione di gas serra, e comporta costi sociali e sanitari molto minori del trasporto privato. Il trasporto pubblico è un elemento essenziale dell'economia! Ma negli ultimi anni la regione ha ridotto ulteriormente le risorse per il TPL.
Eppure esistono esempi di altre regioni che fanno politiche differenti: in Lombardia, pur a fronte di aumenti tariffari inferiori a quelli liguri , il servizio ferroviario è stato incrementato.

Perché la Regione Liguria non comprenda l'importanza del settore e le ricadute che comporta su tutti i suoi cittadini -non solo le migliaia e migliaia di utenti - è per noi fonte di allarme.

Ma anche sul versante della pianificazione e confronto con gli utenti la politica della Regione non risulta soddisfacente. Gli aumenti tariffari e la riduzione di servizio non sono mai stati accompagnati da una seria riorganizzazione generale del servizio di trasporto pubblico. Si sono ad esempio tagliati treni senza riorganizzare l'offerta nel suo complesso (non solo treni ma anche bus) in modo da attenuare i disagi.
E purtroppo, ancora una volta, come già successo a febbraio, i tagli al servizio ferroviario sono avvenuti senza alcuna condivisione né confronto con le associazioni degli utenti, giustificando questa volta il tutto con poco plausibili ragioni d'urgenza.

Stiamo aspettando da mesi un confronto con il presidente della regione per affrontare il problema dei trasporti. Se in prima istanza ci aspettiamo di avere finalmente riscontro dal Presidente, in seconda battuta chiederemo la convocazione di un Consiglio Straordinario sul trasporto pubblico.
Riteniamo che la Regione debba capire che - scelte sbagliate del Governo o meno - è necessario un cambiamento delle politiche degli investimenti e della pianificazione del trasporto pubblico in Liguria.

martedì 19 luglio 2011

Quando lo Stato è auto-dipendente

La crisi economica ha ridotto gli introiti per le casse dello Stato, questo è vero, ma dall’analisi della composizione di tale gettito si evince una verità tanto sconvolgente quanto sottaciuta: ossia che buona parte di esso è composta da quello che i cittadini-automobilisti pagano sotto forma di tasse.

In altre parole, lo Stato è auto-dipendente per buona parte del suo gettito erariale, e a causa di una visione quanto mai miope e di corto raggio, invece che inventare ricette efficaci e innovative per rilanciare l’economia, preferisce continuare a dipendere pesantemente dal settore dell’auto e rastrellare soldi dalle tasche degli automobilisti che, pur mugugnando, alla fine pagano sempre. Pagano pur avendo sempre meno soldi per fare fronte alle spese che l’uso dell’auto comporta, e al costo della vita che cresce.

In pratica, lo Stato fonda buona parte dei suoi introiti su un settore in crisi profonda, che invece di puntare sulla tecnologia per rilanciarsi, punta solo a ridurre i costi connessi al lavoro, togliendo diritti agli operai minacciandoli di chiudere le fabbriche. Del resto, già da tempo le auto andiamo a fabbricarle in Brasile, in Polonia, in India e in Cile, il lavoro e con esso il PIL diminuisce in Italia, e per l’Erario presto non resterà che aumentare la pressione fiscale su quelli (sempre meno) che potranno ancora permettersi un’auto…catastrofismo? Chissà, ne riparleremo tra qualche anno.

L’ultimo rapporto Isfort registra un fatto assai interessante: aumenta tra i cittadini italiani la propensione all’utilizzo dei mezzi pubblici (vuoi per la crisi economica e il caro benzina, vuoi per la fine degli incentivi all’acquisto di veicoli) ma contemporaneamente gli enti pubblici tagliano pesantemente i servizi o ne aumentano i prezzi. Non ci sono risorse, è la risposta classica che essi danno di questo fenomeno. Si arriva al paradosso che i mezzi pubblici abbondavano quando la gente li usava di meno, mentre manchino proprio ora che la gente ne ha bisogno.

Lo scorso 29 aprile, in un comunicato stampa l’ Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica denuncia che “il comparto auto motive detiene il primato, in Italia, in termini di contributo alle entrate fiscali dello Stato, con oltre 67 miliardi di Euro versati nel 2009, pari al 16% del totale del gettito fiscale e al 4,5% del PIL, l’incidenza più alta tra i principali Paesi europei”.

Già nel 2006, il rapporto della Fondazione Caracciolo, «Mia carissima automobile», denunciava un fortissimo e rapido aumento del prelievo fiscale derivante dal settore auto motive, valutando in oltre 58 miliardi di euro il gettito nel 2005: oltre il 70% di aumento, a prezzi costanti, rispetto al 1985. Oggi l’aumento è ancora più rapido, e con la prossima manovra finanziaria si profilano ulteriori inasprimenti della pressione fiscale sul comparto.

Tale gettito rappresenta una quota crescente del PIL pari al 2,76% nel 1985, al 3,03% nel 2005 e al 4,5% nel 2009.

Da dove “guadagna” l’Erario? Secondo l’ANFIA la principale causa della diminuzione del gettito erariale non è tanto il calo delle nuove immatricolazioni di auto, visto che il 2009 si è chiuso sostanzialmente sugli stessi numeri del 2008, quanto la crisi del mercato dell'usato (-5%) e dei comparti di veicoli commerciali leggeri e pesanti, autobus, autocaravan, rimorchi e semirimorchi, che hanno tutti accusato flessioni a due cifre tra il 20% e il 50%. Hanno avuto il loro peso anche la scelta degli italiani di usare meno l'automobile e la riduzione del volume di attività del trasporto merci su gomma determinato dal forte rallentamento economico.

L'andamento del gettito fiscale dipende da una serie di voci che interessano direttamente l'automobilista e che vale la pena analizzare.

Nel cosiddetto "ciclo di vita contributivo" degli autoveicoli la parte preponderante della tassazione è quella derivante dall'utilizzo dell'autoveicolo: 51,2 miliardi di euro, cioè il 76,2% del totale del gettito proveniente dal comparto, mentre nel 2008 questa cifra ammontava a 54,2 miliardi di Euro, pari al 77,7%. Sale invece la quota di contribuzione relativa all'acquisto di una vettura: IVA e dell’IPT lo scorso anno hanno fruttato all'erario 9,48 miliardi di euro, con una crescita del 4,3% a causa, secondo l'ANIA, dell’incremento del gettito dell'IVA sull’acquisto di autoveicoli nuovi. Cresce anche, ma solo dello 0,6% rispetto al 2008 il gettito derivante dal pagamento del bollo. Lo scorso anno sono stati incassati 6,51 miliardi di euro derivanti dalla tassa di possesso, principalmente per effetto dell'incremento del parco circolante.

Allo Stato interessa davvero incentivare il trasporto pubblico?
Alla luce di questi dati potremmo concludere, e la realtà sembra purtroppo darci ragione, che allo Stato non solo non interessi incentivare il TPL, ma che voglia incentivare invece l’uso dei mezzi privati su gomma, che rappresentano per esso una vera e propria gallina dalle uova d’oro. In un periodo di crisi economica, ed in assenza di politiche di sviluppo che sappiano tracciare strade nuove e alternative al modello esistente, puntando magari su ricerca e sviluppo, green economy, prodotti ad alto valore aggiunto e hi tech, (settori in grado di creare lavoro per migliaia di giovani che, invece, se ne scappano all’estero) senza molta fantasia si continua a utilizzare come un bancomat per tappare le falle il settore dell’automotive, oltre a tutto destinando solo in minima parte i proventi al miglioramento della mobilità collettiva.

Riassumendo, lo Stato, alle prese con un gettito erariale sempre più ridotto a causa delle gravi difficoltà in cui versa l’economia, si aggrappa alla zattera dell’automotive, e questa sempre maggior dipendenza da tale comparto non può non configgere con l’esigenza di orientare i cittadini e le aziende verso l’utilizzo di mezzi di trasporto collettivi, specie quelli che non consumano carburanti di tipo tradizionale. Ciò equivarrebbe infatti a tagliare una fonte importante di risorse che lo Stato non saprebbe reperire altrove, in mancanza di diverse politiche economiche come ricordavamo prima.

Liberarsi dall’auto-dipendenza dell'economia italiana
E’ interessante notare come la percentuale di PIL (4,3%) introitata sotto forma di tasse vada in gran parte spesa per costi sociali derivati dall’utilizzo dei mezzi privati (3%): cure mediche dovute ad incidenti e a malattie da inquinamento, indennità di invalidità, costi dovuti alla congestione stradale, ecc.

Forse ci si dovrebbe convincere che una economia basata in proporzione così rilevante sui mezzi di trasporto su gomma non è molto lungimirante né più a lungo sostenibile.

Leggiamo su “Terra” del 2 gennaio 2010 un estratto dell’intervista a Daniel Cohn Bendit, europarlamentare verde leader della lista Europe écologie:

"Il settore automobilistico annaspa e ogni governo ci mette tanti soldi. è la strada giusta? Nell’intera Unione europea c’è un dibattito molto difficile sull’auto. La maggior parte della politica, però, mente. La verità è che in tutto il Vecchio continente siamo arrivati a un 35 per cento di sovrapproduzione di auto. E la posizione della sinistra e della destra sul settore è la stessa di venti anni fa sulla siderurgia. “Bisogna salvare la siderurgia”, si diceva. Ma ora dov’è questa siderurgia? Non c’è più. Gli incentivi, così come concepiti finora, non hanno trasformato niente. Diversamente da quanto fatto finora, vanno invece utilizzati per la trasformazione ecologica dell’industria dell’auto. La Fiat, come gli altri colossi, dovrà progressivamente produrre meno auto e si dovrà investire sempre di più nella mobilità ecologica delle città. Come cambiare, allora, senza che nessuno debba rimetterci il lavoro? Certamente nessun cambiamento è ammissibile se fatto sulla pelle dei lavoratori, che anzi vanno accompagnati e sostenuti. Oggi bisogna cambiare totalmente il sistema di mobilità: innanzitutto la maggior parte delle automobili prodotte è troppo inquinante, e serve una regola europea per far finire questo tipo di produzione. Occorre fare in modo che un certo tipo di economia, vecchia e inquinante, non cresca più. Un esempio concreto di riconversione ecologica? Il tram. è il futuro di tutte le città. La produzione di tram nei prossimi 10-15 anni sarà più grande di quella di Airbus e degli altri colossi. La mia proposta è quella di dare un salario di trasformazione ai lavoratori che vengono dall’industria dell’automobile per consentire loro, ad esempio, di costruire tram. Questa è una politica industriale nuova. La società fondata sull’automobile nei prossimi 10-15 anni sarà finita. L’errore tradizionale della destra e della sinistra è di pensare che esista una risposta alla crisi economica e finanziaria che non sia una risposta ecologica. è vero esattamente il contrario: contro la crisi la risposta ecologica è l’unica possibile.”

E, aggiungiamo noi, anche il treno pensato per il trasporto metropolitano e regionale potrebbe essere una grande risorsa per l’economia, ma solo se sapremo spezzare il corto circuito tra introiti da trasporto privato e finanziamento della spesa corrente dello Stato, definendo tanto per cominciare l’obbligo di destinare alla mobilità pubblica la maggior parte dei fondi ottenuti tassando la mobilità privata.

giovedì 14 luglio 2011

Il Governo non mantiene gli impegni e la Regione taglia i treni dei pendolari

I soldi promessi da Roma non arrivano e la Regione Liguria si appresta, per il mese di agosto, a compiere ulteriori tagli molto consistenti ai treni regionali in particolare del Levante la cui lista è in allegato a questa e-mail. La conseguenza logica sarà un aggravio importante della domanda di trasporto urbano ed extraurbano su gomma, che il Comune di Genova e la Provincia si troveranno a dover fronteggiare.

I tagli, previsti nel mese di agosto, si andranno a sommare, per il Levante, alle cancellazioni previste in funzione dei lavori della galleria Ruta, portando caos e incertezza negli orari, che subiranno continue variazioni nei mesi a venire. Una situazione decisamente poco tollerabile tanto dai pendolari quanto dagli utenti occasionali, soprattutto turisti, che molto probabilmente si troveranno alle prese con informazioni non attendibili e orari non più rispondenti alla realtà.

E' poi appena il caso di sottolineare come già a marzo ci furono tagli ai treni oltre che aumenti di biglietti e abbonamenti: tagli che già avevano fortemente limitato l'offerta, specie notturna, e aumenti fino al 25% dei biglietti singoli.

Esprimiamo la forte preoccupazione dei Pendolari e degli Utenti in genere del TPL che vedono una volta di più messo in discussione il loro diritto al trasporto, ed auspichiamo una pronta risposta da parte degli Enti perchè facciano fronte comune per mitigare il più possibile l'impatto sul livello di servizio per i cittadini, fornendo soluzioni alternative e compiendo una adeguata opera di informazione.

martedì 5 luglio 2011

Il terzo valico non è un atto di fede

Una grande opera che comporta investimenti ingentissimi, impatto ambientale elevatissimo e tempi di realizzazione che saranno dell'ordine di non meno di 15 anni, deve essere frutto di chiare e stringenti valutazioni costi-benefici.

Una classe dirigente può impegnare una città, una regione e risorse pubbliche dei suoi cittadini solo dopo aver verificato con chiarezza obiettivi, tempi e valutazione dei costi che tali obiettivi comportano e disponibilità completa dei capitali necessari alla realizzazione dell'opera stessa.

Il terzo valico non regge ad una seria valutazione costi-benefici, ed è evidente che le spinte principali per la sua realizzazione non derivino da ragionamenti sul trasporto, ma dall'enorme investimento di capitali - esclusivamente pubblici – che necessita l'opera e da illusorie speranze di ricadute occupazionali, a prescindere dalla sua utilità e funzionalità e dal fatto che essa è finanziata solo per una parte.

Colpiscono le dichiarazioni di molti tra i partecipanti della manifestazione di oggi, che rivelano come quest'opera sia vista quale soluzione per ogni stagione e prevalga una mancanza di informazioni sorprendente. Addirittura c'è chi ancora parla di “rete alta velocità”, quando quest'opera si fermerà a Novi Ligure!

Una grande opera non è un atto di fede collettivo: è un'ipoteca sul futuro dei cittadini che la finanziano e se la vedranno passare sotto casa e nel proprio territorio. E' quindi un obbligo etico e morale da parte di una classe dirigente dimostrarne razionalmente la necessità.

I cittadini liguri, gli utenti del trasporto pubblico, gli operatori economici del porto e gli spedizionieri hanno bisogno di utilizzo sensato delle risorse, da destinare a opere realmente utili e non dannose per l'ambiente ed il territorio.

Qui non c'è nessun partito del no a prescindere, ma ci sono delle domande a cui non viene data risposta: quali scelte possiamo fare investendo il meno possibile e in tempi ragionevoli per far spostare le merci del porto dalla gomma al ferro? Quali scelte ed interventi possiamo mettere in campo, investendo il minimo di soldi pubblici e in tempi ragionevoli, per fare in modo che i 150 km tra Genova e Milano possano essere percorsi in poco più di un'ora, con soddisfazione dei passeggeri?

Non sarà un “buco” tra Genova e Novi, pronto tra non meno di 15 anni che sposterà magicamente merci dai tir al treno, ma saranno scelte complessive sulla logistica, l'organizzazione portuale e interventi sulle attuali linee di valico, ampiamente inutilizzate.
Genova Milano newsletters, WWF sezione Liguria, il coordinamento dei pendolari liguri e i pendolari del ponente sono per scelte pragmatiche e concrete, e ribadiscono la piena disponibilità ad un confronto serio con enti, istituzioni ed operatori economici per arrivare a scelte che portino con il minimo dispendio di risorse, ridottissimo impatto ambientale e tempi certi di realizzazione all'ottenimento dei risultati che cittadini, utenti del trasporto pubblico e operatori economici si attendono.

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