Ancora una volta i disservizi di Trenitalia si scaricano sugli utenti: treno soppresso, passa un IC, i passeggeri salgono pensando giustamente di non dover pagar sovrapprezzi per pagare un disservizio. Errore, i controllori chiedono le generalità e poi mandano a casa le multe.
da La Stampa di Torino
Treni soppressi, punito il cambio. "Ci dicevano: salite pure"
alessandro mondo
Arrivano alla spicciolata, direttamente a domicilio, quasi sempre maggiorate. I più bellicosi promettono che non le pagheranno mai. Qualcuno confessa di aver gettato la spugna. Altri domandano cosa accadrà se porteranno fino in fondo un gesto che, dal loro punto di vista, è di disobbedienza civile. Sono le multe inviate dalle Ferrovie, in questo caso da Trenitalia, ai pendolari rei di aver sgarrato. Niente di trascendentale, secondo l’azienda, che però lascia aperto uno spiraglio: «Sono stati applicati i regolamenti previsti, ci riserveremo di valutare caso per caso».
Impossibile sapere quanti verbali sono in viaggio, ma il tam tam sui «blog» dei comitati dimostra che il fenomeno è in pieno svolgimento. Quanto basta per spingere alcuni - è il caso di Cesare Carbonari, Comitato Torino-Milano - a chiedere alla Regione l’assistenza legale gratuita.
Comunque la si veda, è un nuovo fronte dopo quelli che hanno tenuto banco negli ultimi giorni: la soppressione della fermata di Torino Porta Susa per i «Frecciarossa» e la bozza del nuovo orario ferroviario in vigore dal 13 dicembre.
Perché le multe? Stando alle informazioni di quanti le hanno già ricevute, le motivazioni sono di due tipi. La prima rimanda a una prassi imposta dalle circostanze. Nel caso i treni del trasporto locale siano soppressi senza preavviso o con preavviso minimo, i pendolari rivendicano il diritto di prendere il convoglio successivo: anche se di categoria superiore e senza pagare il supplemento. La questione non è nuova. Già a settembre 2005, dopo un lungo tira e molla, la Regione e la direzione regionale di Trenitalia si accordarono per consentire ai viaggiatori un «pass» che permettesse di dribblare i ritardi e timbrare in tempo il cartellino.
Due le condizioni: per giustificare il cambio-treno l’entità del ritardo doveva superare i 15 minuti, Intercity ed Eurostar avrebbero mantenuto le fermate programmate. Alcuni addetti di Trenitalia, si disse allora, avrebbero indirizzato i viaggiatori verso «il miglior primo treno utile».
Quell’intesa non è mai stata messa nero su bianco, lasciando una zona grigia demandata alla buona fede degli utenti e al buon senso dei capo-treno. Stando a Carbonari, e non solo, pare che - in caso di trasferimento forzato - il «personale viaggiante» abbia richiesto i dati dei pendolari «come motivazione di presenza a bordo senza supplemento per cambio servizio». Insomma: nulla che lasciasse presagire un verbale. Invece quei dati, è l’accusa, si sono tradotti in multe da 200 e rotti euro a persona da pagare entro un mese: salvo incorrere nel pignoramento. Alcuni non ricordano di essere stati alla tal ora sul tal convoglio. Risalire al perché dei verbali, ormai stagionati, è un’impresa. Ancora più arduo distinguere tra quanti cambiarono treno per cause di forza maggiore dai soliti «furbetti». Non a caso, la Regione prende tempo.
La seconda ragione dei verbali, meno difendibile, rimanda allo «sciopero dell’abbonamento» organizzato su alcune linee contro i ritardi. I pendolari che aderivano alla protesta, sconsigliata dalla Regione, viaggiavano con l’abbonamento in regola ma rifiutavano di mostrarlo al personale. La gran parte dei capi-treno, secondo il Comitato Torino-Milano, si era mostrata solidale e aveva chiuso un occhio. Altri, chiamata la Polfer, si erano fatti dare i dati degli irriducibili. Le multe sarebbero figlie di quelle identificazioni.